Commenti sull'opera CROSSING (Lulu.com editore):

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postato da Sergio Davanzo - domenica 11 ottobre 2009 alle ore 14:51

Estratto da "Crossing":

Honolulu

 

La manovra d’ingresso è splendidamente condotta dal comandante, come sempre, del resto. Non uscirò con lui, dal momento che sarà impegnato, come da prassi, con le varie autorità portuali. Cerimonie, discorsi, scambio di targhe, pranzo ufficiale.
Scendo rapidamente, velocemente, a piedi mi avvio verso l’ignoto.
Penso di arrivare a piedi fino alla spiaggia più famosa del mondo:
Waikiki Beach. Il sole picchia, la temperatura è perfetta. Perfetta per le mie ginocchia offese dal mare. Perfetta per la mia cervicale offesa dall’aria condizionata. Però, rifletto, è tutto molto curato. Il lungo mare è bellissimo. L’erba dei prati degrada fino al mare. Il mare è blu
cobalto, interrotto da chiazze azzurre, verdi e giallastre. Trasparente, come le finestre della zia Ester. Soffia o meglio l’aria è mossa da una brezza di terra inferiore ai dieci nodi. Imbocco il vialetto di Ala Moana Beach Park. Poche decine di persone disseminate tra mangrovie di notevoli dimensioni. Sono sempre affascinato dalle loro radici aeree. Uccelli, dai colori sgargianti, si rincorrono e si richiamano tra il fitto fogliame degli alberi. Honolulu è una città di notevoli dimensioni, però non è una colata di cemento. Un giovane ragazzo, in solitudine esegue dei movimenti lentissimi. Dalla vita in su è nudo. Non capisco a quale razza appartenga. Non è bianco, non è locale, non è orientale, non è afro. Attirato come un magnete da quei suoi movimenti tra la preghiera e la lotta, mi avvicino, con malcelata indifferenza. A tratti i movimenti mi ricordano la “capoeira”, la forma di lotta degli schiavi, tanto popolare in Brasile.
Vedo gli occhi del ragazzo. Mi si gela il sangue. Quegli occhi , io li conosco! …. Sono gli stessi occhi irridenti e cattivi, di quello che mi disse “Gustoso!”, nell’allontanarsi da me, con il passo più elegante e potente che io abbia visto. Il passo di un quattrocentista ad ostacoli.
Avevo appena subito, da parte sua, una rapina a mano armata, in pieno centro di Rio de Janeiro. Quel ragazzo aveva, pressappoco, la stessa età di mio figlio al quale non permettevamo, ancora di uscire in strada da solo in bicicletta. Di che splendido passo era dotato quel “menino da rua”! Avrebbe potuto, nell’immaginario collettivo, sostituire facilmente Edwin Moses. Sono certo che per quel fisico i tredici passi tra gli ostacoli sarebbero stati del tutto fatto naturale.
Mi consiglio e decido prontamente di allontanarmi da quegli occhi. Non vorrei tenere a battesimo un ulteriore olimpionico mancato.
Svolto in direzione del mare e scendo su di un vialetto lastricato con precisione. Incontro persone che corrono, altre che camminano, le panchine che guardano il mare sono vuote. Sulla bella spiaggia ci sono poche persone. E’ ancora presto. Proseguo, un gruppo di orientali, credo cinesi, fanno gruppo su un pezzo di muretto. Tre donne, piuttosto tarchiate parlano tra loro. Sono sedute e la posizione dei loro corpi abbandonati denuncia la loro sicurezza. A pochi metri da loro un uomo a torso nudo guarda il mare. No, non sono cinesi. Sono giapponesi. L’uomo ha la schiena interamente tatuata. Una grande pantera rossa nell’atto di azzannare una pantera blu. Riconosco il classico simbolo degli appartenenti alla famigerata “Jakuzza”. Mi fa una certa impressione vederne uno in carne ed ossa al di fuori dello schermo cinematografico. Li sorpasso, accelerando leggermente il passo. Mi fermo a sedere sul muretto cinquanta metri più avanti. Osservo l’uomo che sempre volgendo le spalle alle sue donne , scavalcato il muretto, si avvia verso il mare. Giunto sul bagnasciuga inizia una serie di salti, piroette, capriole in aria. Avrà già ucciso una decina di contendenti immaginari quando decido di rivolgere lo sguardo altrove. La spiaggia è veramente bella, antistante ad essa c'è una sorta di piscina naturale formata dal reef . Questa visione mi dà una sensazione benefica. Proseguo per un miglio ancora e mi imbatto in un gruppo di barboni.
Sono tre. Sotto le mangrovie c’è un letto matrimoniale in ferro. Le sbarre di cui è composto sono fortemente ossidate. Chissà se hanno fatto un guarantee claim, al rigattiere, penso. Mi fermo. Osservo uno apparentemente mio coetaneo. Lui mi fa un cenno. Mi avvicino. Mi chiede se ho spiccioli. “Per fare che cosa ?”, chiedo io. Ridendo mi dice “Per bere! E per che cosa altro!”, ammiccando, aggiunge “Solo francese, però!”. Ridiamo e parliamo di …storie di … naufraghi.
In cambio dei soldi che gli do lui contraccambia con un consiglio su come difendermi efficacemente dalle zanzare: “ Vai in un bidone delle immondizie. Cerca, fino in fondo. C’è sempre una bottiglietta di shampoo. Aprila , troverai una certa quantità di sapone. Te lo spalmi tutto sulla pelle. Non diluirlo con l’acqua. Spalmalo puro. Le zanzare non ti morderanno più”. Mi racconta di New York e del suo clima rigido. Mi racconta anche che questa sulla spiaggia, e mi indica il letto, è la sua residenza invernale. Tra qualche giorno muoverà nella zona del Punchbowl Crater and Memorial. Mi illustra la bellezza del cratere eruttivo, la vegetazione circostante e quanta gente sprecona faccia picnic , in quella zona: “ Uomo, fai un giretto di un paio d’ore al sabato sera e con il cibo sei a posto per tutta la settimana”. Salutato Slim, si era gentilmente presentato, proseguo lungo il mare. La seconda spiaggia che incontro è più piccola, ma ancora più bella della precedente. Mi fermo, seduto su una panca guardo il mare. Oltre al cordone naturale del reef ci sono dei ragazzi che giocano con le tavole. Continuo per un po’ camminando sulla sabbia. Belle sensazioni salgono dai piedi. Rientrato sulla zona erba mi fermo di colpo.....


postato da Sergio Davanzo - domenica 11 ottobre 2009 alle ore 22:20

Appunti di viaggio di un "guarantee engineer": giro del mondo nell'emisfero nord a bordo di una nave da crociera.

 "S'avvicina un piccoletto e mi dice, quasi un sussurro: "Io so chi sei" (E chi sono? Sergio da Panzano? Il pianista dal tocco leggero? Davanset? Il guarantee engineer? L'ostetrico delle navi? Il viaggiatore? L'amico del comandante? Lo 04715? L'ingegnere comandante del Cantiere? Il pediatra della garanzia? Il messicano di Maui?) Anch'io a bassa voce chiedo "Che cosa vuoi sapere?".


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 11:06

 Suez


Mar Rosso

Golfo di Aden

Mar Arabico

Golfo del Bengala

Stretto di Malacca

Singapore

Mar della Cina del sud

Bangkok

Golfo di Tailandia

Hong Kong

Chilung (Formosa)

Naha isola di Okinawa

Da Okinwa ad Osaka

Osaka

Oceano Pacifico primo giorno

Oceano Pacifico secondo giorno

Oceano Pacifico terzo giorno

Oceano Pacifico quarto giorno

Oceano Pacifico quinto giorno

Oceano Pacifico sesto giorno

Oceano Pacifico settimo giorno

Oceano Pacifico ottavo giorno

Honolulu

Maui

Oceano Pacifico undicesimo giorno

Oceano Pacifico dodicesimo giorno

Oceano Pacifico tredicesimo giorno

Oceano Pacifico quattordicesimo giorno

Los Angeles da San Pedro a Santa Clarita

Il viaggio di rientro

 

 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 22 ottobre 2009 alle ore 11:11

Stretto di Malacca


Questo passaggio mitico è finalmente arrivato. Sono molto curioso di conoscere come il bordo intenda proteggersi dagli assalti quotidiani operati dai pirati.
Gurka schierati sul ponte passeggiata, idranti in pressione e velocità nave a 22 nodi.
Non vedo pirati. Pescherecci sì, molti, probabilmente sono le stesse persone che cambiano ruolo a seconda delle possibilità che a loro siano offerte dalla situazione.
Passiamo costantemente sopra una gran quantità di galleggianti, temo per le tenute degli assi portaelica, in verità credo che le reti siano poste in profondità e che quindi non ci sia la possibilità di risentire di eventuali danni.
Lo stretto di Malacca formato dall’isola di Sumatra (Indonesia) e dalla penisola di Malesia offre una temperatura sui 30 C° ed un’umidità dello 85%. . Il percorrerlo ci porterà dai 5°nord a poco più di 1°nord a Singapore, pertanto equatore.
L’atmosfera di bordo è diversa rispetto agli ultimi tempi: il pianeta Fincantieri e collegati si preparano allo sbarco; i Princess alle cerimonie con le autorità, alla visita dell’USCG, all’imbarco dei primi pax.
L’avventura non c’è oppure non ho avuto la capacità di coglierla.
Contrariamente ascolto “ prove di discorso” di Cesare (tende sempre ad enfatizzare suoni e non concetti. S’innamora di un suono e tende a ripeterlo una volta di troppo. Discutiamo sul fatto, non ottengo risultati. Penso ormai, che se leviamo un po’ di sesso e ci mettiamo le navi… io sono … la sua Giulietta! Questo deve pensarlo anche lo staff capt. Alan Wilson, lo scozzese, poiché ogni volta che egli entra nell’ufficio di Cesare per discutere su qualche cosa di riservato ed io conseguentemente mi alzo per uscire, il comandante mi costringe ad assistere alle loro discussioni interne, con “non te n’andare. Favetta non può avere niente di importante da dirmi”.
Verifico con i nostri tecnici la situazione nave in funzione del certificato USCG….e mi dimentico di Mompracem.
Scopro anche che il semplice esercizio di allacciarmi le scarpe mi costringe a prendere il fiato come prima di un’immersione subacquea, dapprima immagino sia dovuto all’umidità dell’aria o alle troppe sigarette, poi inequivocabilmente realizzo di che cosa si tratti: “la dieta di Cesare”.

La serata precedente all’arrivo a Singapore decido di passarla alla Patisserie, il bar al ponte cinque. “Big Mistake!”.
Martin Ford è in fibrillazione per i difetti relativi alla posa in opera della moquette in moltissime cabine ed aree pubbliche. In effetti è vero, in molti casi sembra che essa sia stata posata da persone rincorse dalla polizia. Durante la discussione durata tre ore e mezza, io ho bevuto un caffè, lui dodici calici di Pinot grigio e due Bacardi. La discussione è stata difficile, alla fine sono riuscito a convincerlo che non farò venire dall’Italia degli operai e che gli riconoscerò i costi per l’utilizzo di personale equipaggio. Il risultato è stato ottenuto anche per l’intervento di Paul (il cruise director), che stanco delle insistenze di Martin nei miei confronti, ha tolto di mano all’hotel manager i fogli con gli elenchi delle cabine difettose strappandoli con un laconico (very British) :”That’s it !” poi aggiungendo “Martin you are too tired now. Tomorrow is a big day!” lo ha mandato a dormire.
Rimasto con Paul, mi sono finalmente rilassato, anche se il racconto sulla sua situazione personale del momento non mi ha reso felice.
Mi ritrovo nella mia L202 alle ore due del mattino. Dormo come un sasso fino al trillo del telefono.…”Ingegnere…comandante…vieni in plancia c’è la focaccia calda, con la cipolla … (Cesare) ”.
“Ma… sono le quattro!”. “ Appunto i comandanti non dormono mai! Vieni che ti godi l’ingresso a Singapore!”.
(Che i comandanti non dormano mai ho dei dubbi in proposito, sicuramente che i capitani, specialmente se guarantee engineers, dormano poco, ne ho la certezza.).
Obbedisco pensando che non è vero come dice qualcuno che stare a bordo delle navi è come fare del sesso… due cose che non richiedono bravura per godere.
Ottemperati gli obblighi contrattuali: una con cipolla e una senza, inizio a mettere a fuoco la vista…sembra di guidare contromano!
Il traffico è intenso, decine e decine di natanti di tutti i tipi e nazionalità si muovono a fianco a noi per rotte parallele o di controbordo. Singapore è il più grande porto al mondo, l’impressione dell’approccio con questa realtà è notevole.
Inizio a “godere” relativamente per quanto mi offre questo atterraggio allorché…” Mister Davanzo..” riconosco la voce del danese Per Christiansen e riparte in toto, nell’aletta di plancia non occupata dal pilota per la manovra, la diatriba iniziata a Port Said e mai conclusa sul “reheating” dell’impianto del condizionamento. L’argomento con diversi meeting ufficiali e non, impegnerà tutta la giornata. Riesco a sconfiggere con molta fatica la posizione Princess di voler mantenere a bordo il gruppo di tecnici dedicati al problema appartenenti al nostro pianeta Fincantieri, a tutti i costi. Essi non servono. Sono fusi. Sono stanchi. Non hanno idee. E’ indispensabile rivedere i dati di progetto….
la soluzione del problema, in questa fase, non può essere trovata sul campo a bordo, ma altrove. Nel tardo pomeriggio sono costretto a fare un intervento “d’autorità” con l’hotel manager per far consegnare ai tecnici i loro passaporti e farli inserire nelle liste del personale sbarcante.
Le prime due giornate della “mia Singapore” mi impegnano moltissimo tra visita del USCG, arrivo materiali, sbarco del personale. Molti sono i problemi emersi: tecnici, amministrativi, organizzativi, contingenti e non. Tutto però, francamente, gestibile.
Le persone che riescono in questi giorni ad andare a terra, al loro rientro mi informano sui molteplici aspetti di questo luogo.

 


 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 22 ottobre 2009 alle ore 11:13

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