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Ciao (Sergio Davanzo)

Ciao

Commenti sull'opera Ciao:

TI ringrazio per le tue preferenze e per farmi aver letto, oltre le tue.le poesie di Alda Merini,donna molto intensa. Non la conoscevo.


postato da Pino Ramunno - domenica 08 novembre 2009 alle ore 17:47

Ciao Sergio, complimenti per le tue opere

sei troppo forte!!! Grazie di avermi votata

Penso che comprero' un tuo libro

Ciao

Samirè


postato da Samire' - lunedì 09 novembre 2009 alle ore 21:23

Ciao Sergio mi fa piacere ritrovarti e votare le tue opere..mi hai fatto venire la voglia di scrivere anche a me le ggendo le tue cose d'altra parte...tutte le arti si completano


postato da Valentina Majer - mercoledì 11 novembre 2009 alle ore 08:57

"Gli artisti sono le antenne della civiltà"
Persone dotate di un estrema sensibilità e che, sulle loro spalle, si fanno carico di raccogliere gioe e dolori e sopratutto bellezze e angoscie della nostra società; E far si che queste non vadano dimenticate con il passare del tempo.

Ho trovato, questo breve racconto in rete penso vi piaccia...
"L equilibrio acceso di una cicca a metà su un muro bagnato.
sale il fumo, lento, e si attorciglia sull edera nera intenta a russare vicino alla mia mano.
dallo studio arrivano suoni interrotti e voci familiari. le poche luminarie della via di paese mi grattano la nuca dall alto. è Natale , sussurrano, facendo tintinnare le code luccicanti delle stelle o i batacchi delle campane. è Natale, che ci fai qui? non sei a casa a fare il presepe, o a sfornare biscotti di zenzero a forma di uomo senza sesso? .
mi stringo nelle spalle e faccio un cerchio col fiato gelato.
no, signore mie. siamo artisti. voi lo sapete cos è un artista?
si guardano smarrite e un bambino in bicicletta, passandoci accanto con gran rumore di barattoli e ruote, lancia un occhiata curiosa.
artista? è forse quello che accende le lucine? , dicono indicando la piccola madonna nel prato del vicino, tutta annodata nelle luminarie colorate come se fosse un albero della cuccagna.
no .
allora l artista è quello che dorme qui sotto di notte, tutto avvolto nella sciarpa, e che puzza sempre di vino novello?
nemmeno .
ondeggiano insieme sonnolente e acciaccate. si fanno distrarre da un gatto che passa. in fondo sono solo disegni.
l artista, signore mie, è una persona che si accorge del natale a ferragosto e passa il resto dell anno a pensare a come sarebbe stato se l avesse vissuto al momento giusto. è una persona che quando non c è la neve la rimpiange e quando c è non la vede. riempie il tavolo di portafortuna scacciasfiga di capodanno, mailaini di marzapane, monete di cioccolata, lenticchie e rami d alloro, ma si addormenta prima delle 23. passa il pranzo di natale infagottato in una giacca troppo lucida in mezzo a gente che studia la sua logica, fa i pallini con la mollica del pane, versa il vino bianco nel bicchere dell acqua e l acqua in quello del moscato e vive il resto della giornata con i cugini di 6 anni perchè hanno la mente liscia come una biglia da spiaggia. l artista vive quasi sempre male per poter vivere da dio un giorno solo, è frustrato, magico e assorto, a volte aggressivo e disorientante, e ti mette a nudo la sua anima in meno di un secondo, anche se di fronte ha un coltello e lo sguardo di chi vuol farlo a pezzi. l artista è quello che se ne fotte della fatica , e che sta appollaiato su uno sgabello troppo alto a suonare la chitarra fino a farsi scoppiare le mani, fino alle 2 di notte, fino a quando va a casa e scioglie i geloni con la faccia in una tazza di caffè. ce n è uno proprio lì dentro, signore mie proprio adesso .
[dallo studio arrivano confuse le note di Running, la chitarra acida di andrea disegna l'arpeggio storpiata da un suono volgare].
questo è un artista. buonanotte .
la sigaretta si è spenta, mi chiudo la porta alle spalle con un tonfo secco da legno d annata.
le luci si guardano flosce e vibranti. col luccichio incerto di chi non ha ben capito dondolano piano seguendo il ritmo del vento, mentre il suono attraversa incessante le pareti.
passa un cane senza coda trotterellando di sbieco. annusa un tombino e sbadiglia.
ehi tu
abbassano la voce.
lo sai cos è un artista?


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 12:36

Da Vari Blogs:

"...Cos'è la Comprensione....?"?
"La comprensione è lo stato psicologico, a partire dalla relazione con un oggetto o una persona, che rende capaci di formulare pensieri circa quella persona od oggetto ed utilizzare concetti per trattare adeguatamente con quella cosa o persona."


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:21

Immedesimazione...capacità di saper riconoscere anche un nostro limite ma in esso trovare punto di insegnamento che ci permetta di capire anche qualcosa che non appartiene al nostro presente o passato...
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:22

Penso anche che che comprendere sia mettere in secondo piano il nostro ego, essere disponibili ad adottare un nuovo punto di vista, saper leggere oltre le parole, oltre i silenzi.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:23

E' la cosa più difficile in assoluto... non è capire ne tanto meno ascoltare..
non è giustificare....non è asseccondare..
ma è l'insieme di queste cose in piccole dosi per non far diventare il tutto un ossessione..
Io credo che comprendere sia accettare senza sapere, senza giri viziosi, senza preconcetti
comprendere è anallizzare ciò che sia ha e valutare ...


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:25

I bambini possiedono una comprensione innata delle altre persone e che sono in grado di interagire con gli altri prima dell’acquisizione del linguaggio, in quanto possiedono una primitiva “teoria della mente”.
Non è un concetto così difficile da assimilare, però secondo me bisogna prima saper ascoltare.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:27

Io comprendo quando capisco, per capire devo conoscere.
......e sono tante le cose che non conosco, anche quei semplici dettagli che possono sembrano i più banali!!!
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:28

No se é insito in te,altrimenti comincia ad essere più difficile.
Praticamente devi capire e immedesimarti per poter capire
sia l' oggetto che la persona.Quindi formulare idee adatte per
poter rispondere ai bisogni dello oggetto o della persona.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:32

Che cos’è l’arte contemporanea?
Autore: Francesca Caputo Data: 23.01.2009

ARTE SENZA SCAMPO


Martedì tredici gennaio, in occasione del primo appuntamento del ciclo di incontri dedicato all’arte contemporanea, il PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea - di Milano, era stracolmo. Cinquecento persone hanno avuto la fortuna di assistere alla prima conferenza del ciclo "Che cos’è l’arte contemporanea?", tenuta dal critico e storico dell’arte Germano Celant, molte altre non sono riuscite ad entrare. Un forte successo di pubblico, che riempie di entusiasmo gli organizzatori, e non solo. In particolare Gemma Testa de Angelis, presidente dell’associazione Acacia (Associazione Amici Arte Contemporanea), - invitata dall’assessore alla Cultura, Massimiliano Finazzer Flory a collaborare all’organizzazione dell’evento - commenta la notevole affluenza, affermando che “sembrava di essere ad un concerto pop”.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:36

Finazzer Flory ha introdotto l’incontro, promosso per ragionare, nel tempo attuale, sulle realtà dell’arte contemporanea, attraverso la sollecitazione di un dialogo tra istituzioni, operatori e pubblico dell’arte. L’Assessore si è mostrato attento ai problemi che gli addetti ai lavori conoscono bene, dichiarandosi pronto ad un dialogo: “collezionisti e galleristi a Milano hanno di fatto sostituito o surrogato l'intervento pubblico”, è necessario ora un sostegno attraverso la promozione di un sistema integrato che raccordi collezionisti, galleristi, direttori, curatori ed artisti del sistema dell’arte contemporanea. In questo senso Finazzer Flory si chiede se oggi “il PAC non dovrebbe essere un progetto di arte contemporanea. L’arte contemporanea si deve porre in termini dialettici di fronte alla società e di fronte al potere. Cioè bisogna domandarsi se la produzione culturale assolva ancora la funzione di critica sociale alternativa, rivendicando per se un’autonomia”. L’Assessore ha poi presentato Germano Celant, ricordando le tappe principali della sua carriera. Il critico è Senior Curator per l’arte contemporanea al Guggenheim Museum di New York, Direttore Artistico della Fondazione Prada. Nel 1968 ha coniato il termine di “Arte Povera” per indicare e definire teoricamente un nuovo movimento di artisti italiani destinato a diventare la seconda avanguardia nazionale del Novecento, dopo il Futurismo. Autore di numerose pubblicazioni, tra cui “Artmix”, definto da Finazzer Flory un opera fondamentale, in cui Celant ci indica il cambiamento avvenuto nel territorio dell’arte contemporanea, divenuto ormai un prodotto o feticcio di una interazione tra tecniche tradizionali e sperimentali. In questo modo il critico ha sviluppato la sua concezione dell’arte contemporanea come intreccio linguistico di diverse forme espressive, dal libro al cinema, al disco, al design, connesse anche all’ambiente. Per l’Assessore tutta “la produzione di Celant è potente e racconta un unico percorso, ovvero che il nostro Occidente è stato attraversato da un movimento sempre più impersonale che ha, come un tornado, staccato, sollevato, sospeso e poi scaricato a terra pensieri ed idee. E da queste lui individua delle tappe fondamentali, che vanno nel Pop, nell’Arte minimalista, nell’Arte Concettuale, nella Land Art e nel non espressionismo americano”.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:36

L’Assessore ha indicato Celant come una risorsa per la città che si sta approcciando alla progettazione di un Museo di Arte contemporanea – che Milano aspetta da anni - a cui bisogna assegnare una precisa identità, partendo dal presupposto che, per realizzare le strutture dell’arte contemporanea, occorre un ripensamento degli spazi, da intendersi come delle realtà interconnesse. Finazzer Flory, in accordo con le preoccupazioni di Celant, ha affermato che bisogna superare il disagio che oggi si prova di fronte alle logiche del sistema dell’arte contemporanea, uscendo dalla banalità e dalla logica del feticcio, individuando una pratica che, all’interno dell’equazione arte, produzione economica e turismo, non tralasci l’ermeneutica artistica, ma anzi preveda una metodologia di comprensione del fenomeno artistico. Con enfasi Finazzer Flory ha concluso il suo intervento, con una serie di riflessioni: “Non possiamo più pensare che l’artista sia il sismografo dei cambiamenti né che sia diventato semplicemente un pezzo della produzione. O meglio, l’arte contemporanea cos’è se non essere contro il suo tempo? Se è con il suo tempo, può essere ancora arte? Visto che il suo tempo ha già di suo, un suo potere? L’artista contemporaneo, in ogni sua epoca, non è colui che ha sempre indagato la forma che non comprende del passato ed annunciato un avvenire che ancora non c’era? E se gli artisti oggi si occupano soltanto del presente, possiamo noi definirla arte contemporanea? Ci può soddisfare rispetto al presente qui presente? (…) Bisogna recuperare una metodologia di comprensione del fenomeno artistico, senza la quale, mi pare difficile davvero mettersi d’accordo intorno alla domanda <>. Una domanda che molte volte è risultata inutile e che invece oggi ritorna con tutta la sua prepotenza”.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:37

Il titolo che Germano Celant da alla sua riflessione è “Arte senza scampo”, offrendoci un’esemplare analisi della situazione globale dell’arte, degli artisti, del mercato e dei musei nascenti, ovunque nel mondo, in una condizione di mutamento epocale che definisce Post America. Questo cambiamento culturale in cui gli artisti e gli operatori si trovano ad agire, ci spiega, è legato al nuovo potere economico che ha sostituito la leadership americana ed anglosassone con una leadership globale, dove altri paesi stanno emergendo perché hanno valori economici, di produzione e materiali, quali il petrolio, il gas, il litio ed altri elementi.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:37

In maniera molto lucida Celant propone una nuova condizione critica rispetto al suo lavoro e alla sua visione, mettendo in discussione l’asse Europa – America con cui ha convissuto, avendo lavorato per oltre trent’anni a New York e Los Angeles. Solo in questo modo, afferma, si può comprendere cos’è la nuova storia dell’arte, la nuova storia del potere artistico e quali sono le sue dimensioni.. È una lettura in fieri, che il critico sta sperimentando, che supera sia la prospettiva americana sia il tema dell’extra – territorialità finora in vigore, da intendere oggi non più come un termine che riguarda il linguaggio ma i nuovi paesi che stanno emergendo come centri culturali ed economici.
 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:37

Come storico dell’arte, Celant sta affrontando un’esperienza post americana, trovandosi a lavorare, in qualità di curatore ed esperto museale, non solo in territori conosciuti, ma anche in città degli Emirati Arabi - come Baku nello Azerbaijan e nella capitale Abu Dhabi - a Mexico City ed a Novosibirsk, capitale della Siberia, dove si sta affrontando la costruzione di nuovi musei. In questa situazione di radicale rinnovamento, Celant riflette sul fatto che: “Forse la domanda <> dovrebbe essere formulata in modo diverso, cioè <>. E quali sono le sue attuali condizioni e le sue risorse?. O ancora, in un mondo accelerato, come quello attuale, delle scienze e delle tecnologie mediatiche, degli spostamenti economici vertiginosi e drammatici, che vedono scendere e salire i poteri monetari ed economici, l’arte, che si è identificata con l’eccesso alla velocità, con la trasgressione individuale e conoscitiva – quello delle avanguardie era il tema del manipolo che spinge in avanti – quale posizione deve prendere o svolgere?”. La prima risposta immediata, la più semplice, ci avverte Celant, è quella di azionare un “salutare freno”. In questo senso l’avanguardia si pone come retroguardia, agendo contro il dissolvimento e l’accelerazione delle tecnologie e della spinta economica verso il futuro, non più come una forza che spinge in avanti, ma come conservazione della memoria e del passato.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:50

In realtà questo ragionamento non è sufficiente, “perché se questo può essere un approccio rispetto al nuovissimo scientifico, il suo successo, quello dell’arte come nuovo, diviene un successo fallimentare. Lo prova il fatto che la scultura e la pittura, ma anche la fotografia, la videoinstallazione ed altri tipi di comunicazione e di espressione non hanno mai ricevuto un premio Nobel. Cioè l’arte non è stata riconosciuta come evoluzione scientifica verso il domani, quindi questa non scientificità potrebbe essere la sua credibilità e la sua salvezza, poiché si pone come visione critica anti propulsiva ed anti utopica, seppur abbia sempre sventolato la collisione utopica verso la scoperta del nuovo”. A questo punto, se questa logica risulta accettabile “bisogna ridiscutere tutti i miti sul nuovo, sul radicale, sull’invenzione, sullo strappo che ha informato il nostro lavoro storico e teorico, dialettico e museale. Quindi il problema è vedere dove ci poniamo, verso una difesa o verso un attacco?”. Ci troviamo in una situazione di passaggio in cui l’arte, dall’analisi dell’oggettivo e della realtà – propria delle avanguardie che hanno segnato la storia dell’arte dall’illuminismo agli anni Ottanta – è divenuta oggi “territorio solitario – e solo questo – del mantenimento del soggettivo e della libera ricerca dell’individuo a produrre e a consumare (…) ora l’arte non è altro che un’estrema manifestazione dell’individualità che si offre nel migliore dei casi alla relazione pubblica”. Sta, infatti, emergendo il tentativo, da parte di alcuni artisti, di coinvolgere nuovamente il pubblico, non più attraverso la produzione di oggetti, ma mediante “una produzione o progettazione di relazioni che rende il progetto”. Ma bisogna chiedersi: “In un tipo di modernizzazione assoluta a cosa serve quindi il progetto all’individuo? L’accentrarsi sul senso non può funzionare da strumento di rivelazione, né presente né futura, non riguarda quindi il nuovo ed il diverso e nemmeno la coscienza critica del vedere, perché le motivazioni personali sono un argomento prudente e rassicurante. Anche nei casi più radicali di coscienza critica, il lavoro dell’arte non veicola più angoscia o dramma”. Tutta l’arte di oggi, prosegue Celant, ha solo lo scopo di eliminare l’ansia e rassicurare le coscienze. .Le stesse opere che consideriamo scioccanti – basti pensare alla produzione di Maurizio Cattelan o Steve Mc Queen – rappresentano semplicemente dei palliativi. Per questo motivo la crisi, in questi giorni, ha solo lievemente scalfito l’artista, divenuto un veicolo di positività che a sua volta dilaga nelle case d’asta e quindi nelle economie mondiali. “Il carisma ottimale ed ottimistico” dell’artista non è funzionale alle grandi masse, ma proprio al mercato degli scambi, poiché “cura certamente i suoi valori che possono ancora esistere in un mondo inquieto”. Eppure, afferma Celant, “un tempo l’arte era stata coscienza, milizia, analisi, se non terrore critico dello spettacolo visivo materiale del reale. Oggi è invece diventata uno strumento di promozione turistica e di ricerca coloniale verso mondi ancora vergini, se non desertici”. Così in Russia, negli Emirati Arabi, nell’America Latina ed in Africa assistiamo alla trasformazione dei musei, da istituzioni per la conservazione di opere a macchina da spettacolo e di qualificazione urbana. L'architettura, la cui capacità progettuale è amplificata dalle nuove tecnologie virtuali, espande le potenzialità comunicative fino a diventare visione totale. In questi nuovi territori, l’arte - insieme all’architettura che ne costruisce i suoi templi, ovvero i musei - “si è dislocata come l’edificio dell’artista, vere navi spaziali scese in territori che sembrano favelas, per espletare il progressivo culturale dei nuovi centri di potere legati alle nuove economie del petrolio, del litio, del gas”. È naturale, sostiene Celant, che bisogna assumere una prospettiva critica su cosa voglia dire lavorare per queste nuove culture, così come è necessario analizzarne gli aspetti postivi e negativi. I nuovi paesi - ex Unione Sovietica ed ex deserto – hanno indubbiamente una visione positiva sull’ecologia e sull’utilizzo di nuove tecnologie, ma hanno anche un rimando a storie di schiavismo e la vita del paese dipende dalle decisioni del capo, sia esso lo sceicco od il capo dinastia. Per cui “se l’arte era una risorsa e parziale coscienza critica, ora si è trasformata in una accelerazione esotica, non più rivelazione né rivoluzione, ma rilevazione di un nuovo stato sociale, a livello personale, dei nuovi ricchi e di un nuovo potere o di un nuovo territorio non artistico, da occupare o coltivare per la nuova distribuzione dell’oggetto o meglio dell’artefatto del prodotto artistico, voluto in questi termini naturalmente da un punto di vista industriale. E che questo processo sconvolga la vecchia e antica funzione analitica e critica dell’arte, nel presente quanto nel passato, è provato dal fatto che non è più l’arte a sollecitare la creazione dei musei, ma sono i nuovi musei a sollecitare l’arte, una sorta di limbo asettico e temporale, il famoso White Cube”.

 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:51

Ne deriva che oggi siamo di fronte ad un tipo d’arte che rispetta la visione del potere economico, culturale e religioso. Per meglio farci comprendere la perversità che sottende le logiche di queste nuove culture economiche, Celant ci racconta la nascita di un progetto di lavoro di Land Art nel deserto degli Emirati Arabi, creando una collezione nel deserto ad opera dei grandi maestri della Land Art, come Walter De Maria. Il fine dell’operazione, naturalmente non da parte degli artisti che sono interessati a fare, è “consumare il deserto, non solo più in una Parigi – Dakar, ma anche come luogo di consumo, dove si andranno a vedere non solo le dune ma le opere d’arte”.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:51

Il nuovo sviluppo del mondo artistico - che comprende Cina, India, Asia, Africa e paesi arabi – interessa territori dove l’arte contemporanea non è mai arrivata o comunque non è mai stata spinta o sostenuta, oggi invece assistiamo ad una forte spinta alla costruzione museale, per cui “Il museo sta diventando un brand, che apre in catena come Harrods, cioè magazzini dell’arte, un’inseminazione di mondi artistici ed extra – artistici”. È naturale, sostiene Celant, che da parte degli addetti ai lavori, dei critici e dei teorici - formatisi sostanzialmente su un dialogo Europa – America - dei collezionisti e di tutto il sistema dell’arte contemporanea ci sia ansia verso questa visione globale dell’arte, rispetto alla quale siamo privi di informazioni, se si eccettuano le aste di Sotheby's e Christie's, in cui si promuove la nuova arte cinese o malesiana, seguendo il gusto dei clienti piuttosto che dinamiche di linguaggio.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:52

Nel suo excursus Celant ci ha mostrato come l’arte - avendo esaurito i confini della ricerca e della sperimentazione linguistica, conseguendo definitivamente i limiti della contaminazione tra linguaggi diversi, dello sconfinamento da una materia all'altra, da una tecnica all'altra, da un'espressività all'altra, professata dai futuristi fino ad Andy Warhol - si sia oggi trasformata in un sconfinamento fisico-geografico extra-Occidentale. La funzione dell’arte attuale non è più di rottura ma di struttura, sorta di operazione di Stato verso la promozione della città, “in tal modo l’arte partecipa della modificazione urbana e della comunicazione locale, nazionale ed internazionale. Ma si fa lavoro pubblico. (…) Oggi l’arte è spinta a partecipare a collaborare, come insegnamento, alla creazione di musei, di scuole, di università”.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:52

Ciò decreta la fine dell’artista maudit, poiché la sua follia creativa diventa funzionale al divismo del mercato, che lo trasforma “in uno specialista funzionale alla lettura del reale per il pubblico. Conseguenza la formazione di una nuova prospettiva rispetto al museo ed anche al mercato, che non è più quello della rarità per ambienti, ma è progettazione oltre che conoscenza per tutti”. Alcuni esempi in questa direzione forniti da Celant sono la Fondazione Prada o il Guggenheim Museum di Berlino, dunque istituzioni pubbliche e private intese come laboratori, dove l’artista è chiamato a realizzare progetti insieme teorici ed operativi, “è invitato a studiare un problema congeniale al suo privato ma anche al pubblico, sia quello della fondazione che quello del museo, i quali lo acquisiscono poi per la loro operazione o per la loro storia”. Questa tendenza porterà alla fine del museo generalizzato, o meglio alla persistenza di un museo generalizzato al quale si collegheranno, come dei satelliti, i nuovi musei specialistici, che diventeranno delle vere e proprie attrattive. È interessante notare che “Le funzioni e gli scopi dell’arte devono inevitabilmente essere riconsiderati, dal chiuso dello studio al laboratorio tematico, come succede agli altri linguaggi, cinema, teatro, scienza, musica, design, architettura, ecc., dove conta la ricerca, dov’è soggettivo sopravvivere ma al servizio di tutti”. Gli artisti anche se continuano a conservare una fruizione critica rispetto al presente “sono indirizzati a costruire o luoghi di attrazione, o di seduzione, o di produzione o di consumo. Ciò è il risultato di questa dilatazione macroscopica del prodotto artistico e della richiesta da parte dei musei di avere delle immagini uniche”.

 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:52

L’arte oggi, seguendo il percorso della edificazione economica, consumistica e propagandistica, è riconosciuta in tempo reale e non a posteriori o al massimo a trent’anni dalle prime ricerche, come avveniva in passato. In questo senso, afferma Celant, è importante evidenziare che, tramite Monsignor Ravasi, il Vaticano nei giorni scorsi ha annunciato la partecipazione alla Biennale di Venezia 2011, con un suo padiglione, proponendo artisti come Kapoor, Kounellis, Bill Viola, “vale a dire dei comunicatori spirituali di messaggi alti, a cui il clero comincia a portare attenzioni come costruttori di coscienza, a fine, non so se messianica, ma certamente di proselitismo, in un momento di crisi delle vocazioni. Non c’è differenza con gli sceicchi islamici, con i nuovi governatori asiatici o quelli dell’ex Unione Sovietica, intenzionati a veicolare la visione nuova o rinnovata del loro potere e della loro specie, che hanno radici nell’Islam e nel Comunismo. Con questi, attraverso l’arte, passerà a loro un rinnovato universalismo, che renderà il proselitismo industriale e religioso, economico e mistico, un solo procedere uniforme da Est ad Ovest, dal Sud al Nord, un’Arte senza scampo”.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:53

L’intervento di Celant ci apre ad una nuova modalità di fare arte, a cosa è arte oggi, in cui le distinzioni si fondono e si confondono, in un rapporto fluido ed universalistico di tutti i modi di espressione, tesi alla costruzione dell’arte nel reale.


postato da Sergio Davanzo - giovedì 12 novembre 2009 alle ore 15:54

His name is Sergio Davanzo. Strong in expressing his thoughts but tender in cuddling his dreams, he shows you unsuspected and unexpected aspects of his inner self. Sometimes he reveals them slowly, step by step; sometimes he shows them off abruptly, with a touch of challenging scoff. He paints. He paints because of an unsolved mixture of reasons. He paints because he needs to. Because he wants to. He paints to play. He paints because he has to paint.


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:30

Several of his works are the product of a deep need to communicate. The need to go beyond the limits of human words, beyond time and space, beyond conventional shapes with the aim of creating new and better ones, more intensely beautiful, giving thus voice to his inner and more complex thoughts.

 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:30

Other works issue from Davanzo’s mere, instinctive wish to let himself go to the poetical evocation of images and feelings he has seen and lived. This inevitably pursues the connivance of his spectators, who can see and perceive his same sensations, deeply feel them and, by feeling, revive them. The result is an amazing range of ways and synaesthetical contaminations, both of colour and matter.


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:31

In Davanzo’s modus operandi often a single idea develops into a theme. It expands itself, defining autonomously its own leit motives. They are varied and widened, offered in their most flattering nuances. The original idea then swells to its utmost and, finally exhausted, it blows up. It is a definite resolution. Therefore Davanzo’s works, which follow a common vein until it is exhausted, can mainly be contextualized in groups. But, once he has finished with a vein of inspiration, sometimes the painter has already found in its ashes the beginning of several new ones. Sometimes he would rather wait before letting them catch his instinct and his paint-brush.


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:31

This is the process of painting for Sergio Davanzo. His subjects are various and different. He wants to tell as much as possible. The faces, the voices of past and present time, the places which have seen him growing both as a man and as an artist. His dog. His family. Those who have gone. Those who still have to come. A wrinkle on a forehead. The hissing of a lathe in a work shop. A minimal kaleidoscope of images, epiphanic moments which he fixes on his canvas. And which, if necessary, he moves, as he usually says “to the space”.

 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:32

Certainly the imaginative titles he gives to his paintings are part of his seriocomic way of living and conceiving one’s necessities. They are delicious, often sharply ironic, and at first they astonish you, to let you eventually deal with a wake of reflection, whetting you as the back-taste of rum in a just baked cake, the recipe for which has been written and performed by Sergio Davanzo just for you.

Prof dott Maria Sole Politti
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:32

"Le tele di Davanzo vibrano, si impongono con lo stridore delle pennellate, con le barricate cromatiche da cui fuoriescono filamenti elettrici che guizzano e avvolgono, creando una fitta e mutevole rete di energia. Nelle sue opere istinto e ragione rinunciano all'eterna lotta, per dar vita ad un dialogo serrato: il colore si tende nella spontaneità del gesto, si difende entro grumi di materia, si assottiglia ed incede leggero frammentandosi secondo ritmi musicali. Viene impastoiato, fatto fluire e nuovamente convogliato, cristallizzato e gocciolato, alleggerito e spinto oltre i confini del supporto per cercare nuove espressioni comunicative."

Prof. Lorella Coloni


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:42

" Las lonas de Davanzo envían vibraciones. Ellos se imponen con el chillar del golpes de pincel, con las barricadas cromáticas de lo cual evitan filamentos eléctricos que tiemblan y ellos enrollan la creación de un dolor agudo y la red mutable de energía. En su instinto de trabajos y razón abdican la lucha eterna para dar la vida a un diálogo cerrado: el color se extiende en la espontaneidad del gesto, esto se defiende en los grupos de material, esto cultiva incede delgado(fino) y ligero(de luz) la fragmentación sí mismo según ritmos musicales. Es encadenado, hecho para fluir y otra vez llevado, cristalizado y goteó, aliviado e inclinó sobre los confinamientos del apoyo a buscar nuevas expresiones comunicativas. "

Prof Lorella Coloni
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:51

C’è una prometeica forza nelle opere di Sergio Davanzo che riconduce, con la certezza del segno e lo schiaffo del colore, ad un confronto con la realtà che non conosce compromessi o debolezze.
L’artista non abbassa lo sguardo e davanti all’esistenza egli si assume il diritto di dichiarare la verità. Lo fa attraverso un linguaggio visivo essenziale, sintetico, corrosivo, violento, titanico, provocatore. Usa la titolazione dei suoi quadri come dei tazebao: sono verdetti che illuminano, parole che possono essere incipit quanto sentenza lapidaria su un argomento che la tela sintetizza in linee di immediata intuizione, con un uso dirompente dell’elemento cromatico, con tinte che acquistano voce. Davanzo riesce a far riecheggiare nel movimento dei suoi quadri le vibranti intensità del paradosso creativo, in bilico tra ragione e gesto puro ed istintivo, folgorazioni che sono rivelazioni e universalità
 

Prof Fabio Favretto
 


postato da Sergio Davanzo - martedì 24 novembre 2009 alle ore 00:02

La semplicità dell'impianto pittorico. La sottrazione del colore rende questo tuo dipinto veramente bello.


postato da 8 - mercoledì 25 novembre 2009 alle ore 12:25

 Ottima gestualità del segno nello spazio.Mi piace molto


postato da Gigante - venerdì 04 dicembre 2009 alle ore 15:00

Adoro "l'essenzialismo" di queste linee..Mi piace!!

Ti voto pure..:-D

Pa


postato da Paola Mariotti - domenica 27 giugno 2010 alle ore 00:53

la tua pittura è una sorta di moto perpetuo della mente .


postato da Mia Roiter - sabato 20 novembre 2010 alle ore 14:32

sintesi notevole di un gesto raffinato


postato da Gio4x4fra - martedì 30 novembre 2010 alle ore 13:08

Se tu vinci io ti regalo tutta la comprensione di cui sono capace. Te lo meriti!!!!


postato da Pony - giovedì 02 dicembre 2010 alle ore 15:12

grazie per le tue preferenze, ne sono orgogliosa. sandra levaggi


postato da Sandra Levaggi - lunedì 28 febbraio 2011 alle ore 21:45

COMPLIMENTI PER TUTTI I LAVORI....S..P..


postato da Mauro Cesarini - domenica 10 giugno 2012 alle ore 15:31

Ciao Sergio ..... splendido! ... l'artista vive quasi sempre male per poter vivere da Dio un giorno solo ..... Complimenti.


postato da Lia Saccotelli - mercoledì 19 giugno 2013 alle ore 17:49

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Tutte le opere di Sergio Davanzo

  • Calendario 2013
  • Ho dato fondo (parziale)
  • feelings & feelings (frammento)
  • Omaggio ai tubisti
  • Strada di Bagdad con mimosa
  • Manhattan vista dal Bronx
  • volo radente
  • Tributo a Gaudì (frammento)(vedere il link postato nei commenti)
  • KRAKEN
  • Omaggio ai Tubisti (Pressfitting) alias "Quando Dio spartiva le tette...io ero in bagno..."
  • Non è la luce del Merisi...ma in tempi di crisi....
  • La mia vita è un lungo lato di Bolina! ( ...ci sarà mai un lato in poppa con tangone...& tanga?)
  • Il futuro è roseo, il presente...un po' meno...
  • Vedo smerciare miele di vipera, agito braccia di carta che il vento disperde.
  • Omaggio ai Tubisti (Aisi 304)
  • Il Delinquente (Lulu.com Editore)
  • CROSSING (Lulu.com editore)
  • Pensavo fossi morto....
  • LA MAFIA E' SOLAMENTE UN INSETTO: PUOI SCHIACCIARLA!
  • Questa è una società che macina tutti i valori!
  • Ciao
  • Cattredale Unica nello Spazio
  • Calendario 2010 Gennaio
  • Calendario 2010 Marzo
  • Calendario 2010 Ottobre
  • Calendario 2010 Dicembre
  • Calendario 2010 (Lulu.com) http://www.lulu.com/product/calendario/2010-by-sergio-davanzo/5949551
  • AUGURI....& che s'inizi ad intravvedere...il positivo!
  • Acqua Sporca
  • Solo Macchie?
  • In  /  ES    presso
  • COFFE TIME
  • Tributo a Jackson Pollock
  • Metropoli (serie Acqua Sporca)
  • COFFE TIME
  • Nel 2010 non si può
  • In  /  ES    presso
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