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KRAKEN (Sergio Davanzo)

KRAKEN

Commenti sull'opera KRAKEN:

L'ho immaginato come un grande crostaceo in disfacimento. Kraken era un dio del mare preceltico più che cattivo era "amorale" pertanto...non è possibile nemmeno definirlo "cattivo".


postato da Sergio Davanzo - giovedì 08 ottobre 2009 alle ore 18:46

Adorabile Kraken!!!

;o)


postato da Coco - giovedì 08 ottobre 2009 alle ore 22:24

Mitologia norrena
Sebbene il nome kraken non appaia mai nei testi della mitologia norrena, le sue caratteristiche possono ricondursi a quelle dell'hafgufa, descritto nella Saga di Örvar-Odds e nel Konungs skuggsjá (1250). In questi testi si parla dell'hafgufa come di un mostro marino talmente grande da poter essere scambiato per un'isola quando si trovava in superficie. Questo tema (il mostro che sembra un'isola) è uno degli elementi ricorrenti principali nella tradizione sul Kraken, che si sviluppò principalmente nel Settecento. Questo tema ha avuto anche sviluppi diversi, e in particolare accomuna il Kraken con lo Zaratan, la balena-isola del mito di San Brendano di Clonfert.

Alcuni elementi della tradizione relativa al Kraken (le bolle e gli spruzzi d'acqua dalle sue narici, le forti correnti e le violente onde provocate dai suoi spostamenti, il suo emergere come un'isola) fanno supporre ad alcuni studiosi che la versione originale del mito norreno possa essere correlata all'attività vulcanica sottomarina in Islanda.

Linneo e Pontoppidan
Nella prima opera di Carl von Linné, Systema Naturae (1735), il Kraken compare fra i cefalopodi, con il nome scientifico Microcosmus (in seguito, Linné rinunciò a menzionare questa ipotetica specie). Il riferimento settecentesco principale sul Kraken è la Storia naturale della Norvegia (1752) del danese Erik Pontoppidan, vescovo di Bergem. Pontoppidan riprende il tema del mostro-isola, sostenendo che alcune isole rappresentate erroneamente sulle mappe fossero in effetti da ricondursi ad avvistamenti del Kraken in emersione. Nella descrizione di Pontoppidan, il principale elemento di pericolosità del Kraken erano le sue stesse dimensioni, e le forti onde e i potenti gorghi che causava emergendo o inabissandosi. Il Kraken non viene quindi descritto come ostile, sebbene Pontoppidan precisò che, volendo, il Kraken avrebbe potuto afferrare e trascinare negli abissi anche la più grande nave da guerra. Sempre Pondoppidan sostiene che un giovane esemplare di Kraken, morto, fosse stato spinto dalle onde sulla spiagga presso Alstahaug.

Il Kraken di Pontoppidan appare come "pesce-granchio" nell'opera dello svedese Jacob Wallenberg Min son på galejan ("Mio figlio sulla galera", 1781):

« Il Kraken, anche detto pesce-granchio, che non è (a quanto dicono i piloti norvegesi) così grande, non è più grande della larghezza della nostra Öland [ovvero meno di 16 km] ... Se ne sta sul fondo del mare, sempre circondato da molti piccoli pesci che gli servono come cibo e ricevono cibo da esso; perché il suo pasto, se ricordo bene ciò che scrive Pontoppidan, dura non meno di tre mesi, e altri tre servono per la digestione. In seguito, i suoi escrementi nutrono un esercito di pesci più piccoli, e per questo motivo i pescatori gettano i piombi dove esso giace ... Gradualmente, il Kraken sale alla superficie, e quando si trova a dodici o dieci braccia è bene che le barche si allontanino, perché di lì a poco esso emerge come un'isola, spruzzando acqua dalle sue terribili narici e creando anelli di onde attorno a sé, fino a distanze di molte miglia. Si può forse dubitare che questo sia proprio il Leviatano del Libro di Giobbe? »

L'idea che i pescatori si arrischiassero a pescare sopra il Kraken è menzionata da Pontoppidan; pare che i pescatori norvegesi, per complimentarsi per una pesca particolarmente abbondante, fossero soliti dire: "devi aver pescato sul Kraken".
 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 18:27

Kraken

Una delle più belle storie disegnate da Jordi Bernet e scritte da Antonio Segura. In una metropoli del XXI secolo i drammatici e toccanti racconti di uomini perversi, stupratori di cadaveri, esorcisti posseduti e voyeur impotenti. Un titolo che ha fatto Storia, finalmente proposta in un unico volume. Un concentrato di pura violenza, scenari claustrofobici e bellissime donne. Assisteremo alle storie della pattuglia della polizia metropolitana comandata dal tenente Dante che percorrerà alla ricerca di criminali e violentatori in fuga le sozze fognature, debordanti di escrementi e feti, dove vive il mostro urbano chiamato Kraken.
 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 18:29

Non sempre nelle leggende più antiche questo distruttore di navi è visto come piovra: appare pure come un pesce–granchio o un’enorme Balena. La peculiarità che rimane costante in ogni versione è quella per cui quando emerge dal fondo dell’oceano, oltre che distruggere le navi che gli passano vicino può essere benissimo confuso con un’isola.

L’origine del nome non è chiarissima, sicuramente come l’origine della leggenda impone, deriva da lingue nordiche: infatti, in norvegese, krake indica un animale malsano o aberrante termini simili, sia da un punto di vista morfologico che sintattico si trovano anche nell’inglese. Mentre in tedesco, krake significa proprio piovra.

Il Kraken ha ottenuto nuova notorietà perché è il mostro del terribile pirata Davy Jones nella fortunata trilogia de “I Pirati dei Caraibi”.

 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 18:36

stores.lulu.com/sergio1davanzo


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 23:35

Bellissimo, complimenti. Lei è un pittore! poteva non sembrare osservando ciò che lei definisce "solo macchie".


postato da Profondità - sabato 10 ottobre 2009 alle ore 13:03

molto bello veramente questo compromesso tra il figurativo e l'astratto.


postato da Puster - sabato 10 ottobre 2009 alle ore 14:26

Una sola parola: SPLENDIDO!


postato da Liza - sabato 10 ottobre 2009 alle ore 15:04

Che meraviglia!!!!


postato da Mah...! - domenica 11 ottobre 2009 alle ore 19:52

Sono molto interessato a vedere quest'opera dal vivo! Dove posso soddisfare la mia curiosità?


postato da Cesare - lunedì 12 ottobre 2009 alle ore 16:15

Kraken è inserito nella mia collezione privata. Comunque è a casa mia a Panzano. Nel caso mi venisse a trovare, ho notato che non abitiamo distanti, sarà mio piacere soddisfare la sua curiosità. Grazie


postato da Sergio Davanzo - lunedì 12 ottobre 2009 alle ore 16:19

Questo è veramente un pezzo magnifico: un ottimo compromesso fra figurativo ed astratto.


postato da Circolo Vecchia Quercia - lunedì 12 ottobre 2009 alle ore 18:32

Io credo che non ci siano schemi fissi-

Il rapporto con le cose e gli avvenimenti che ci circondano con le sue proiezioni sul futuro, l'artista lo traduce secondo le proprie necessità. Quando anche la denuncia diventa una bufala solo per la visibilità o tendenza, l'artista dovrebbe osservare in primis, cosa realmente 'manca' al tessuto sociale e, se sono le forze primigenie quelle che sono venute a mancare, cerca il recupero attraverso alla propria sensibilità e non gliene può importar di meno delle correnti o la ricerca di tendenza.

Le ricerche le esegue sulla base della propria sensibilità ed esigenza. Sicuramente ha il coraggio anche di andare contro tendenza perché non è detto che quello che serviva in una certa epoca anche in termini di provocazione, possa servire in un'altra, dove tutto , anche la provocazione è diventata strumentale al profitto. Non ho mai visto artisti di popoli repressi esprimersi solo sulla denuncia , ma sicuramente più spesso attraverso il sogno o alle proprie esigenze interiori , unica forma di libertà ancora gestibile : il proprio mondo interiore e le proprie visioni da contrapporre ad un mondo a cui tutto questo è stato negato.

La vera trasgressività dell'artista contemporaneo è il recupero di se stesso e di tutto ciò si è fatto scempio, poetica compresa.

Va da sé che, forse oggi, gli artisti più credibili in toto rimangono i bambini con queste caratteristiche
e gli artisti 'out'.

I primi con un vissuto troppo corto per essere definiti tali in maniera completa e gli altri, emarginati in quanto veramente 'liberi' e quindi non commerciabili e strumentalizzabili, se mai schiavi solo delle loro ossessioni, ma sicuramente non, rispetto alla loro libertà espressiva

Io credo non ci siano confini nell'arte : purché sia arte .

Ognuno usa il veicolo espressivo che più gli è congeniale. Considerando che questo ioArte è interessante proprio per i quesiti che pone per i confronti che dovrebbero arricchire proprio per le diversità di pensiero e non certo per polemica sterile (sempre meglio chiarire nel virtuale:). Credo che, chi usa la materia proprio come "piacere" della materia nella sua fisicità e il "colore" come impasto proprio per ottenere determinate vibrazioni cromatiche, difficilmente userà mai un pantone digitale se la sua ricerca ed esigenza si esprime con quelle caratteristiche ...

Uno può darsi al digitale per altri aspetti altrettanto intriganti, ma sicuramente diversi. Come non credo che sia un 'espressione nuova né la pittura né il digitale anche perché quest'ultimo si usura più velocemente nei programmi che vengono sostituiti con la velocità della luce.

Per quanto riguarda le diverse culture ben vengano, ma ho il sospetto che una cultura che si sviluppa da noi o in Spagna, in America in Bielorussia, Russia o nella profonda Africa , per quanto si facciano contaminare ,non dobbiamo dimenticare che ognuna di loro ha radici profondamente diverse che non si possono sostituire o dimenticare.

 

Dovrebbe essere anche significativo , quanto ci portiamo dentro radici, gusti e quant'altro che ci influenzano nella scelta delle preferenze.
Di solito i lavori preferiti sono quelli che corrispondono ai nostri canoni estetici e di gusto personale, cosa che in arte non dovrebbe mai succedere.

In maniera istintiva può piacere di più un lavoro simile ai nostri gusti personali, ma l'arte potrebbe anche trovarsi in opere che come gusto non rientrano nelle nostre preferenze, ma sicuramente in canoni artistici. Ho la sensazione che questo sia uno sbaglio che facciamo un po' tutti....sia ' perché viene naturale e perché, a volte .dimostra anche quanto siamo presi da noi stessi, senza riuscire ad entrare umilmente nei lavori di altri.
Con tutto il pieno rispetto, per chi fà figurativo "classico"..secondo il mio modesto parere,il massimo per esprimere "il senso della vita, lo stato delle cose, il divenire dell'uomo, oggi", è l'informale, il materico, il figurativo "essenziale" ....usando la materia....tutta la materia,lo scarto, si può rappresentare, ...cosa meglio di un vecchio cartone ingiallito dal tempo, gettato per strada, indifferente a chiunque, può rappresentare la situazione di molti esseri umani del nostro pianeta..non importa se nell'opera non esiste una smorfia sul volto o le mani che sorreggono uno sguardo vuoto....basta vedere quei "rifiuti" per strada...per capire dove è arrivato l'uomo...in un mondo in cui tutto si può abbandonare, distuggere....tanto si "rifà"...no!, si stanno spengendo i valori, i sentimenti, che valgono più dell'oro, giallo o nero che sia....scusate se mi esprimo in questo modo, forse sembrerò arrogante, ma chi mi conosce dal vero...sa che non lo sono...sono solo sanguigno...sincero..."ignorante" artisticamente parlando...ma UOMO!! inteso naturalmente come essere umano...ciao a tutti


 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 11:18

La bolla d'aria

Tronchi rinsecchiti,
rami contorti strappano brandelli dal mio corpo senza peso,
sbattendo immagini di vento
sulle palpebre succhiate.
Il rumore delle ossa divorate dal fuoco vecchio di tempo,
canta storie di naufraghi.
L'albatro non legge più il disegno della chiglia.
Suoni di risacca avvicinano la scogliera,
più vicino,
più forte...,
eccolo!...il fondo.
Alghe,

 

 

 

 

 

 


rocce che alzano veli aprono grotte,
ghignando avanza la verità tendendo i polsi...
allungo le dita...
le une artigliano solo le altre,
agguantano se stesse.
Spasimi immensi per poi dissolversi in arabeschi purulenti.
Ocra e murici veleni offendono trasparenze
a lungo violate.
- non mi bagno più: l'acqua è morta! -
ho sciolto in mare fusioni di nebbia.
Vuoti grattacieli di sale,
granchi,
balletti di alghe,
sabbiose ribalte per carcasse di civiltà.
Anche i miei occhi fondono,
fili di memoria sono giochi d'aragoste.


 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 11:59

La morte del vecchio marinaio

Assetato di luce,
sei vissuto
in spazi di gabbiani,
un alito
appena sfiorato dall'onda.
Indifferente al richiamo
della tua carcassa,
carne e nervi nella nebbia
lasciasti.

Nell'antico scafo
per dar fondo, ritorni:
hai chiuso,
per l'ultima volta
il tuo boccaporto.

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:01

Nico in pensione

Le tue spalle
e la macchia bianca
tirata sulla pelle sporca di sole
unica armatura
per un antico cavaliere
con gli abiti di tweed
Nico,
per te il tempo è scivolato via
con barche e vento;
liberato dai tavoli,
dalle carte che incollano,
dalla morsa dei cassetti
ora,
finalmente in mare,
parli alla lenza
dei tempi
in cantiere.

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:03

Due occhi rossi

I

Due occhi rossi,
disteso, schiacciato
sul lenzuolo d'asfalto;
segnato il decesso:
negro,
forse del Transvaal,
un nodo, un fagotto,
e via, come pacco di spesa.
Solo un grappolo fermo,
poche mani, nere d'inchiostro
a spostare quell'aria.
Muovemmo le spalle
non i pensieri
infiammando di pugni le tasche.

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:04

II

Isole verdi
isole a celle
isole d'azzurro e delfini,
ombre increspate da salti di mare;
uno scendere piano le scale
verso i confini del fondo:
ricordi di Tanga
di Rudolph, gonfio di morte,
lungo, in quella piroga,
le scarpe a tracolla,
il fegato in mano;
tirava sul prezzo un vecchio stregone.

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:05

III

Un tramonto continuò col fuoco sul ferro,
si prese una voce:
nessuno lo vide,
calata sul collo la maschera vinta,
gettare nel gorgo
la croce del sud
e polmoni al petrolio
e guardie di notte
e coste
e rotte
e solchi sul viso pieni di sale
e il coraggio, per prati del fondo.
L'ultimo grido è un muovere d'alghe.

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:06

IV

Sopra un monte di sale
rema una barca piena d'occhi:
rossi d'asfalto, di Rudolph e di altri tra l'onde,
non un porto l'accoglie col nylon.
Non esistono banchine per sbarcare la morte.
Ho liberato da rami e da foglie
soffiando tra il bosco, dopo ogni tempesta,
una fossa, piena di vermi,
di bocche i Costa d'Avorio,
di teste nere tese ad affumicare,
di secchiate di nafta,
di mani che spingono il giorno,
di becchini con vanghe dal tocco di Mida,
di gambe di donna bagnate di mare.

Ho consumato tre legni spostando gocce nell'acqua,
la prora violenta i miei mari tra tonfi,
aliti di vento non gonfiano una vela,
...e uno sta sempre seduto a guardare.


 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 12:07

Vedo ed osservo i riflessi di un mare "cattivo" ed improbabile.


postato da Liza - mercoledì 21 ottobre 2009 alle ore 15:46

bello

mi piace

non so perché

mi piace di più


postato da Fp - domenica 25 ottobre 2009 alle ore 19:43

caro Sergio,

ti ringrazio moltissimo per il tuo commento. Era quello che speravo e non potevi scriverlo meglio. MI è molto piaciuta la parte dove dici che in società in crisi non necssariamente i veri artisti insistono su immagini tristi e di guerra, ma anzi volgono al sogno e alla fuga in un mondo interiore (Chagall...). E davvero facile in effetti cercare di commuovere proponendo i problemi che tutti vedono e che alla fine, se siamo sinceri, non ci commuovono più in quanto ci siamo abituati alla ripetizione di tali immagini. Anziché muovere le anime si raggiunge l'effetto opposto , l'aridità. L'ultima parte non occorre dire che è perfetta: un cartone ingiallito, come capì Rauschenberg, per me contiene tutto. La nostra vita incerta, il senso di abbandono, la mancanza di signifcato per le cose piccole e umili, una esistenza fatta di scarti e macerie, dove però c'è speranza di costruire qualcosa...nuovamente. Grazie infinite. Se mi permetti estrapolo una parte del tuo commento (firmato) per il mio blog su equilibri.


postato da Valentina Majer - lunedì 26 ottobre 2009 alle ore 10:01

Mi associo ad Fp...non so capire il motivo ma questo pezzo mi piace molto.


postato da Principe - lunedì 26 ottobre 2009 alle ore 18:59

quest'opera è la mia preferita...per adesso...interessante l'idea del Kraken,la sensazione che ha dato a me è che sia in uno stato latente ..riaffiorerà sicuramente!


postato da Umberta - giovedì 19 novembre 2009 alle ore 11:33

prima di visualizzare i suoi lavori, mi sono fermata a leggere quanto ha scritto nel suo profilo. dopo averlo fatto attentamente,sono passata a visionare i suoi lavori e i suoi scritti. il mio primo pensiero è stato che Lei è un artista come c'è ne sono pochi! quello che a mio avviso La rende straordinario, è la sua umiltà, qualità inesistente in molti artisti! "Contesto" tutti i suoi "non":Lei è un bravissimo pittore, le Sue poesie sono bellissime e pur non potendo ascoltarla al piano, sono convinta che sia un musicista eccellente! ci dividono tantissimi km ed è impossibile poterla incontrare, ma di cuore Le dico che mi piacerebbe tanto, Lei appartiene a quella categoria di persone che in tutta la mia vita ne avrò incontrato al massimo 2-3.Lei ha una ricchezza "dentro"....."spaventosa".sono convintissima che conversare con Lei, non fa altro che arricchire l'anima del suo interlucotore! non sono una persona "istruita", non so trovare le parole "adatte" per esprimerLe la mia ammirazione, me ne scuso: da "ignorante"quale sono, posso solo dirle: bravo!

PS: la ringrazio per i voti che mi ha dato, sono le mie tele"imbrattate" che preferisco!


postato da Rifil - venerdì 20 novembre 2009 alle ore 06:13

Mi piace molto sia il soggetto sia l'impianto pittorico.


postato da 8 - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 18:53

Ti ringrazio per il tuo commento "8".


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 18:58

Questo quadro m'interssa molto: è in vendita?


postato da Director - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:02

Ti ringrazio molto "Director" ma al momento no, mi serve per alcune mostre, grazie molte, comunque.


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:06

His name is Sergio Davanzo. Strong in expressing his thoughts but tender in cuddling his dreams, he shows you unsuspected and unexpected aspects of his inner self. Sometimes he reveals them slowly, step by step; sometimes he shows them off abruptly, with a touch of challenging scoff. He paints. He paints because of an unsolved mixture of reasons. He paints because he needs to. Because he wants to. He paints to play. He paints because he has to paint.

Several of his works are the product of a deep need to communicate. The need to go beyond the limits of human words, beyond time and space, beyond conventional shapes with the aim of creating new and better ones, more intensely beautiful, giving thus voice to his inner and more complex thoughts.

Other works issue from Davanzo’s mere, instinctive wish to let himself go to the poetical evocation of images and feelings he has seen and lived. This inevitably pursues the connivance of his spectators, who can see and perceive his same sensations, deeply feel them and, by feeling, revive them. The result is an amazing range of ways and synaesthetical contaminations, both of colour and matter.

In Davanzo’s modus operandi often a single idea develops into a theme. It expands itself, defining autonomously its own leit motives. They are varied and widened, offered in their most flattering nuances. The original idea then swells to its utmost and, finally exhausted, it blows up. It is a definite resolution. Therefore Davanzo’s works, which follow a common vein until it is exhausted, can mainly be contextualized in groups. But, once he has finished with a vein of inspiration, sometimes the painter has already found in its ashes the beginning of several new ones. Sometimes he would rather wait before letting them catch his instinct and his paint-brush.

This is the process of painting for Sergio Davanzo. His subjects are various and different. He wants to tell as much as possible. The faces, the voices of past and present time, the places which have seen him growing both as a man and as an artist. His dog. His family. Those who have gone. Those who still have to come. A wrinkle on a forehead. The hissing of a lathe in a work shop. A minimal kaleidoscope of images, epiphanic moments which he fixes on his canvas. And which, if necessary, he moves, as he usually says “to the space”.

Certainly the imaginative titles he gives to his paintings are part of his seriocomic way of living and conceiving one’s necessities. They are delicious, often sharply ironic, and at first they astonish you, to let you eventually deal with a wake of reflection, whetting you as the back-taste of rum in a just baked cake, the recipe for which has been written and performed by Sergio Davanzo just for you.

Prof dott Maria Sole Politti
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:36

"Le tele di Davanzo vibrano, si impongono con lo stridore delle pennellate, con le barricate cromatiche da cui fuoriescono filamenti elettrici che guizzano e avvolgono, creando una fitta e mutevole rete di energia. Nelle sue opere istinto e ragione rinunciano all'eterna lotta, per dar vita ad un dialogo serrato: il colore si tende nella spontaneità del gesto, si difende entro grumi di materia, si assottiglia ed incede leggero frammentandosi secondo ritmi musicali. Viene impastoiato, fatto fluire e nuovamente convogliato, cristallizzato e gocciolato, alleggerito e spinto oltre i confini del supporto per cercare nuove espressioni comunicative."

Prof. Lorella Coloni
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:47

"Le tele di Davanzo vibrano, si impongono con lo stridore delle pennellate, con le barricate cromatiche da cui fuoriescono filamenti elettrici che guizzano e avvolgono, creando una fitta e mutevole rete di energia. Nelle sue opere istinto e ragione rinunciano all'eterna lotta, per dar vita ad un dialogo serrato: il colore si tende nella spontaneità del gesto, si difende entro grumi di materia, si assottiglia ed incede leggero frammentandosi secondo ritmi musicali. Viene impastoiato, fatto fluire e nuovamente convogliato, cristallizzato e gocciolato, alleggerito e spinto oltre i confini del supporto per cercare nuove espressioni comunicative."

Prof. Lorella Coloni
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:48

C’è una prometeica forza nelle opere di Sergio Davanzo che riconduce, con la certezza del segno e lo schiaffo del colore, ad un confronto con la realtà che non conosce compromessi o debolezze.
L’artista non abbassa lo sguardo e davanti all’esistenza egli si assume il diritto di dichiarare la verità. Lo fa attraverso un linguaggio visivo essenziale, sintetico, corrosivo, violento, titanico, provocatore. Usa la titolazione dei suoi quadri come dei tazebao: sono verdetti che illuminano, parole che possono essere incipit quanto sentenza lapidaria su un argomento che la tela sintetizza in linee di immediata intuizione, con un uso dirompente dell’elemento cromatico, con tinte che acquistano voce. Davanzo riesce a far riecheggiare nel movimento dei suoi quadri le vibranti intensità del paradosso creativo, in bilico tra ragione e gesto puro ed istintivo, folgorazioni che sono rivelazioni e universalità
 

Prof Fabio Favretto
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 23:57

Io non mi definisco “pittore” ma scrittore di emozioni in pittura.
Io credo che si possa definire pittura “il fissare con i colori la luce che la nostra anima getta sulle cose”.


Questo lo hai detto tu!... ma se ti definiresti "un pittore" ed osservando questa tua opera... dove saresti, allora?

 


postato da Mabo - martedì 24 novembre 2009 alle ore 01:07

Mi piace molto quella sorta di crostaceo in disfacimento ed i rifessi sul mare.


postato da Jo - martedì 24 novembre 2009 alle ore 12:17

Pur non amando molto il genere figurativo questo tuo dipinto è un buon compromesso tra astratto, concettuale e figurativo.


postato da 8 - mercoledì 25 novembre 2009 alle ore 12:15

Sono i colori che amo. Veramente affascinante.


postato da Annamaria46 - lunedì 07 dicembre 2009 alle ore 14:18

bellissima profondita con pochi attima di linea-luce. complimenti


postato da D'alpaos Alba - giovedì 01 luglio 2010 alle ore 11:23

SINCERAMENTE SONO RIMASTO COLPITO DALL'EFFETTO VIBRANTE DELL'IMMAGINE IN SE, LA DEFINIREI UNA PITTURA IN MOVIMENTO. EMOZIONANTI LE SFUMATURE CROMATICHE.

COMPLIMENTI!


postato da Rosario Messina - venerdì 03 settembre 2010 alle ore 10:28

Mi rapisce la facilità apparente della tua capacità di trasmettere concetti difficili in pittura.


postato da Pam - lunedì 22 agosto 2011 alle ore 12:42

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Tutte le opere di Sergio Davanzo

  • Calendario 2013
  • Ho dato fondo (parziale)
  • feelings & feelings (frammento)
  • Omaggio ai tubisti
  • Strada di Bagdad con mimosa
  • Manhattan vista dal Bronx
  • volo radente
  • Tributo a Gaudì (frammento)(vedere il link postato nei commenti)
  • KRAKEN
  • Omaggio ai Tubisti (Pressfitting) alias "Quando Dio spartiva le tette...io ero in bagno..."
  • Non è la luce del Merisi...ma in tempi di crisi....
  • La mia vita è un lungo lato di Bolina! ( ...ci sarà mai un lato in poppa con tangone...& tanga?)
  • Il futuro è roseo, il presente...un po' meno...
  • Vedo smerciare miele di vipera, agito braccia di carta che il vento disperde.
  • Omaggio ai Tubisti (Aisi 304)
  • Il Delinquente (Lulu.com Editore)
  • CROSSING (Lulu.com editore)
  • Pensavo fossi morto....
  • LA MAFIA E' SOLAMENTE UN INSETTO: PUOI SCHIACCIARLA!
  • Questa è una società che macina tutti i valori!
  • Ciao
  • Cattredale Unica nello Spazio
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  • Calendario 2010 Marzo
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  • Calendario 2010 (Lulu.com) http://www.lulu.com/product/calendario/2010-by-sergio-davanzo/5949551
  • AUGURI....& che s'inizi ad intravvedere...il positivo!
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