Dedalos. il delirio visibilista

Segnalato da René Ghisetti

René Ghisetti

Categoria: Mostre

Data: dal 08 settembre 2012 al 08 novembre 2012

Indirizzo: Rinascenza Contemporanea, Via Palermo 140

Provincia: Pescara

Orario di apertura: lunedì al venerdì 9.30 - 12.30 e 17.00 - 19.00

Sito internet: rinascenzacontemporanea.jimdo.com

E-mail: r.ghisetti@alice.it


 Il Virtualesimo è nato. Ovvero, la nuova era dell’Arte che confluisce con l’inizio del terzo millennio, caratterizza le motivazioni estetiche degli artisti contemporanei atti a sublimare idealisticamente sul profilo compositivo. La Post-Avanguardia Italiana ha decantato questo passaggio, dal Medioevo Romantico all’era Virtuale, proponendo le due correnti cardine, Visibilisti e Sensibilisti, come specchio d’una tradizione neo-barocca, atta a edificare un Arcaismo moderno, intriso di quelle prospettive che confluiranno nel gusto dei decenni successivi. Su queste premesse, lo spazio espositivo Rinascenza Contemporanea inaugura l’8 settembre una  nuova mostra dedicata agli artisti Visibilisti. Dedalo, l’antico architetto e scultore greco, ne è l’ispiratore sublime, poiché rappresenta l’intrico sotteso della psiche in cui giacciono le pulsioni e le angosce individuali. La forma ed i suoi rapporti con il mondo esterno. A lui, infatti è attribuita la costruzione della mucca di legno nella quale la moglie del re Minosse, Pasifae si accoppiò con il toro sacro e dalla cui unione nacque il Minotauro rinchiuso nel labirinto. E Dedalo fu rinchiuso a sua volta nella sua costruzione perché ne conosceva il segreto, spingendo successivamente suo figlio Icaro a cercarne la fuga con ali che si sciolsero al sole. Le simbologie espresse, definiscono la maestria, la scienza, l’astuzia degli artisti coinvolti, che tramano, attraverso i meandri della forma al raggiungimento assoluto della perfezione. E la figurazione ne è la matrice essenziale: dopo le esperienze informali, concettuali o performative del secondo dopoguerra, il ritorno alla forma ha riscoperto l’importanza della mimesis e d’un tipo di rappresentazione volta a tenere in considerazione la realtà circostante. In Italia, ad esempio, pensiamo al figurativismo moderno, nato sulle ceneri del gruppo Novecento di Margherita Sarfatti, in cui gli artisti che avevano già operato nelle Avanguardie e poi sotto la protezione fascista, rinnovarono il linguaggio, distaccandosi successivamente dalle scelte politiche. Pensiamo a  Renato Guttuso, a  Felice Casorati o Piero Agnetti che segneranno l’inizio d’una visione modernista senza precedenti, solcando i dettami d’una consapevolezza che tarda a tramontare. Fu il ritorno all’Accademia di Brera a definire un cenacolo di artisti che voleva ritornare alle atmosfere di Montmatre, lasciandosi ispirare dalla pittura impressionista o di natura espressionista. Tornando a Dedalo, dopo la morte del figlio, riuscì a fuggire da Creta, trovando asilo in Sicilia, presso il re Cocalo. Intanto il re Minosse, per tentare di riacciuffare il fuggitivo, escogitò un tranello: promise una ricompensa a chi avesse fatto passare un filo tra le volute d’una conchiglia. Dedalo riuscì  nell’impresa cospargendo la conchiglia di miele, facendovi passare una formica attaccata ad un filo. Il re lo seppe e lo raggiunse in Sicilia dove trovò la morte. Fu qui che l’eroe visse fino alla morte. La corrente calda visibilista, ovvero quella impressiva ed espressiva è rappresentata da Alexandre Saturnini la cui poetica è trasmessa attraverso uno stile sobrio, in cui descrive, per mezzo di accurati paesaggi emozionali, al limite del ricordo, le proprie esperienze di vita tradotte figurativamente. I suoi lirismi, affondano nel passato, penetrando la materia sino a dissolverla nella luce della verità. Una poetica che apre la strada alle sintesi emozionalidiAnnamaria Pizzi, vera indagatrice della propria sensibilità, assidua ricercatrice di emozioni da condividere con i fruitori, per mezzo d’un modo di intendere l’arte, come puro specchio della vita. Il suo è un simbolismo al limite del naif, figlio di impressioni depurate nella stessa radice. Le componenti impressive conflagrano nei riespressionismi di Carla Perona, generatrice d’uno stile compatto, al limite tra il reale ed il fantastico, considerato che si ispira alla natura ma la traduce interiormente secondo un linguaggio che parte dalla sensazione che quella espressione ha generato nella sua psiche. Le opere della scomparsa Valeria Ciotti, invece sono luministiche, veri e propri transfert tra la realtà palpabile ed emozione che quel dettaglio, quel carattere particolare o quel dato, apparentemente inutile, hanno suscitato nel suo gesto creativo. E la luce diviene essenza pura, con forza d’impatto che non tramonterà mai nella memoria. Punto di convergenza tra la matrice calda, espressiva, introspettiva e quella fredda, la troviamo nelle mitizzazioni di Renè Ghisetti,cantore solitario dell’era moderna, menestrello indiscusso d’un romanticismo decaduto e sulle cui fondamenta, ha edificato un modo di dipingere che esalta l’attuale, rinnovandolo nella sua smisurata classicità, intrisa di valori, frustrazioni, miti. La corrente fredda tende all’oggettivazione delle tecniche realizzative, descrivendo il mondo nelle sue diverse componenti da quelle oniriche a quelle realistiche. Pensiamo alle mascherazioni di Nino Ninotti, post-surrealista o decano d’una lingua morta, a tratti intraducibile per una contemporaneità pronta all’azione, all’immediato o ad un modo di intendere il tempo, fondandolo sull’impatto istantaneo di mondi lontani, pronti a fondersi tra loro. Diverso l’atteggiamento della giovane Mikela Ingrassia, fautrice d’una pittura visionaria, in cui la rappresentazione della forma o della deformazione mistica della stessa, le consente di rimuovere elementi che fanno parte del suo vissuto traslato in dimensioni magiche, al limite del sogno o di ascendenze lunari. Diverso l’atteggiamento scompositivo di Erminia Gebbia,ricercatrice assidua della contingenza estrema, fine osservatrice di oggetti-soggetti che isola dal loro reale ambiente per riportare in vita, con lo scopo di restituirci la verità senza alcuna interpretazione fuorviante. Così come il fotografismo metropolitanodi Andrea Boltro, accurato inseguitore della forma nelle sue matrici pop, isolando le immagini in compartimenti ideali che estrapolano il soggetto in frammenti dinamici, al limite di una spazialità che assume nuovi presupposti di temporalizzazione. Infine il neoiperrealismo offerto da Antonietta Meneghini, accurata pittrice delle espressioni, dei solchi lasciati dal tempo, da quelle tracce indelebili della pelle che segnano il passaggio fugace di un’emozione. L’iperrealismo soccombe innanzi al desiderio di infrangerlo e dalla lotta ne deriva l’estasi. In entrambe le matrici, la forma, il colore ed il pensiero, si arrendono ai surrogati d’una realtà che detta legge riportando l’artista ad essere puro cantore del mondo contemporaneo.



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