Vi era un tempo una pecora, che non riusciva proprio a stare al pascolo con il resto del gregge… Era una pecora curiosa, e la sua curiosità la portava sempre a staccarsi dal gruppo, per andare a brucare da sola, là dove l’erba era più fresca, ombreggiata dalle chiome degli alberi, e dove i fiori profumavano di più. Un giorno, mentre il gregge era a pascolare in un prato, la pecora si allontanò, benché gravida, per andare nel bosco; riusciva sempre a farla ai cani del pastore, seppur appesantita dalla sua gravidanza giunta ormai quasi al termine. Una volta nel bosco, la pecora sentì che era giunto il momento del parto, e non pensò nemmeno ad affrettarsi per raggiungere il gregge, tanto amava il senso di libertà che le dava la solitudine, sicché partorì lì dove si trovava, ai piedi di una grande quercia. L’agnellino appena nato fu dapprima un po’ spaesato, ma mossi i primi passi si senti subito catturato dalla bellezza e dalle meraviglie che lo circondavano, tanto che, quando fu ora di tornare al pascolo per unirsi al gregge, non ne volle sapere, e la madre, spaventata di non poter rientrare, dopo aver molto insistito fu costretta a rientrare da sola. La pecorella così, fu sola nel bosco, e presto all’entusiasmo per ciò che la circondava si sostituì il timore dei pericoli che avrebbe potuto incontrare. Una notte, spaventata dal canto di un’innocua civetta appollaiata su un ramo, le venne naturale prendere la rincorsa e dare una forte testata all’albero da cui sentì provenire il terrificante rumore, e così si accorse che sulla sua testa erano cresciute due piccole corna; si osservò attentamente, e vide che anche il bel manto lanoso da giovane pecora era sparito, ed al suo posto vi era un pelo corto ed ispido e sotto il suo mento era cresciuta una buffa barbetta; si era infatti trasformata in una vigorosa e combattiva capretta. Quando un giorno, nel prato vicino, notò il gregge di sua madre, si avvicinò per salutarla e mostrarle il suo nuovo aspetto, e mamma pecora vedendola quasi non la riconobbe; dapprima la pecora fu triste vedendo sua figlia mutata in una capra testarda, ma poi capì che era stato il suo desiderio di libertà a renderla così, e fu sollevata dal fatto che almeno ora avrebbe avuto la possibilità di difendersi dai pericoli che avrebbe potuto incontrare. Madre e figlia si salutarono, e ognuno tornò sulla sua strada, lì dove era giusto che fossero. La capretta crebbe, prendendo a testate ogni cosa si parasse sul suo cammino, tanto da incutere timore negli altri abitanti del bosco, che non sapevano mai cosa avrebbe combinato, o con chi se la sarebbe presa l’impulsiva capretta. Un giorno, mentre si abbeverava al ruscello, la capretta osservò la sua ombra proiettata dal sole alla sua destra, e notò due immense corna ramificate spuntare dalla sua testa; anche il corpo sembrava più grande, alto ed imponente, e capì così di essersi nuovamente trasformata in un enorme cervo. Ora il cervo, non temeva più i pericoli nascosti, e di conseguenza non ebbe più motivi per tormentare gli abitanti del bosco, che anzi, cominciarono ad accettarlo e addirittura a riverirlo per la sua maestosità e saggezza. Quando il grande cervo, una mattina rivide il gregge della madre al pascolo, vi si avvicinò, e disse alla pecora che fu sua madre: “Vedi madre mia, io ero una pecorella impaurita come lo siete voi, voi che temete l’abbaiare dei cani da pastore, e che alla loro autorità vivete sottomesse, ed sarei potuto rimanerlo, se solo fossi rientrata al gregge per vivere come una pecora, ma le meraviglie che mi circondavano, allora come adesso, rapirono il mio desiderio, e fecero sì che io restassi con loro; ora io sono diventato una di quelle stesse meraviglie che colpivano te, madre, quando dal gregge ti allontanavi per goderne, e in esse sono perfettamente inserito, da esse ho imparato ciò che voi non sapete, e in esse vivo come essere libero nella libertà della selvatichezza…” detto questo, salutò la madre con un gesto di riverenza, e tornò nel bosco, dove ancora vive con la propria famiglia…