Commenti sull'opera Il futuro è roseo, il presente...un po' meno...:

www.libreriauniversitaria.it/libri-autore_davanzo+sergio-sergio_davanzo.htm


postato da Sergio Davanzo - martedì 06 ottobre 2009 alle ore 09:06

Ma che bello! L'uomo in bici trasmette un gran senso di libertà e gioia pure con le line sottili ed essenziali del bianco su fondo nero, anzi forse proprio PER queste linee!!!!


postato da Paolanatalia58 - giovedì 08 ottobre 2009 alle ore 00:34

mi correggo: il ciclista è sudato e affaticato per i tempi grami dell'oggi. Tuttavia a me trasmette una sensazione del tipo "così va bene"


postato da Paolanatalia58 - giovedì 08 ottobre 2009 alle ore 00:36

"...eravamo una setta che nella bicicletta vedeva il suo simbolo di uno stile di vita, di una scelta politica, di una necessità economica e di una scelta per l’ambiente."
Travis Hugh Culley - Il messaggero

"Poeti si nasce, ciclisti si diventa"
Umberto Grioni - Il ciclista - 1910

La bicicletta è sicuramente il mezzo di trasporto più efficace per vivere la città, quello che, con meno costi, consente a tutte e tutti di spostarsi agevolmente nel casino delle nostre metropoli. La bicicletta è anche una scelta quotidiana di rifiuto di una società consumista capitalista automobilistica dove conta di più lo scambio di denaro che la salute di tutte e tutti, dove il trasporto privato motorizzato è più incentivato di quello pubblico, dove la costruzione di vie di scorrimento rapido ha priorità rispetto alla tutela del paesaggio.
La bicicletta è un simbolo e come ogni simbolo fa paura, la bicicletta è una bandiera ed il suo potenziale può sovvertire lo stato attuale delle cose...

Che cos’è l’uso sovversivo della bicicletta?
L’uso sovversivo della bicicletta è...
Trasformare la bicicletta da mezzo sportivo per le passeggiate domenicali a mezzo di trasporto quotidiano da anteporre antagonisticamente ad automobile, motocicletta, motorino e scooterone.

L’uso sovversivo della bicicletta è...
Trasformare la bicicletta da semplice mezzo di trasporto a simbolo di lotta, che crei un nuovo immaginario di riferimento, di massa, simbolo pacifico, antiguerrafondaio, libero di portarci dove vogliamo, per muoverci senza inquinare, senza distruggere, per una società a misura di essere umana/o in piena armonia con la natura...

 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 22:40

Inoltre ho trovato anche questo:

"L’uso sovversivo della bicicletta è...
Guidare al centro della carreggiata per evitare di essere schiacciate/i dalle automobili a destra o investiti frontalmente da quelle che provengono dall’altro lato. Andare contromano. Passare con il rosso per ridurre il tempo di intossicazione da automobile.
Per rivendicare che non ci riconosciamo affatto nel codice stradale, fatto ad uso e consumo delle automobili e della merce che devono trasportare. Per il capitalismo dell’auto non fa nessuna differenza che siano merci umane, animali, vegetali, minerali,: quello conta è il loro prezzo di mercato. L’automobile è merce che trasporta altra merce, che ha bisogno di continue infrastrutture che hanno impatti ambientali devastanti ma che servono a far si che la merce si possa vendere e comprare in modo sempre più veloce. "

 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 22:41

La bicicletta nell'arte:

bicielettriche.forumattivo.com/ebike-art-and-fun-f13/la-bicicletta-nell-arte-t95-30.htm

 


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 22:46

stores.lulu.com/sergio1davanzo


postato da Sergio Davanzo - venerdì 09 ottobre 2009 alle ore 23:34

Non avevo mai avuto modo di conoscere un dripping figurativo. Molto bravo.


postato da Profondità - sabato 10 ottobre 2009 alle ore 13:01

Nonostante il "nero" mi mette allegria!


postato da Liza - sabato 10 ottobre 2009 alle ore 15:05

Io credo che non ci siano schemi fissi-

Il rapporto con le cose e gli avvenimenti che ci circondano con le sue proiezioni sul futuro, l'artista lo traduce secondo le proprie necessità. Quando anche la denuncia diventa una bufala solo per la visibilità o tendenza, l'artista dovrebbe osservare in primis, cosa realmente 'manca' al tessuto sociale e, se sono le forze primigenie quelle che sono venute a mancare, cerca il recupero attraverso alla propria sensibilità e non gliene può importar di meno delle correnti o la ricerca di tendenza.

Le ricerche le esegue sulla base della propria sensibilità ed esigenza. Sicuramente ha il coraggio anche di andare contro tendenza perché non è detto che quello che serviva in una certa epoca anche in termini di provocazione, possa servire in un'altra, dove tutto , anche la provocazione è diventata strumentale al profitto. Non ho mai visto artisti di popoli repressi esprimersi solo sulla denuncia , ma sicuramente più spesso attraverso il sogno o alle proprie esigenze interiori , unica forma di libertà ancora gestibile : il proprio mondo interiore e le proprie visioni da contrapporre ad un mondo a cui tutto questo è stato negato.

La vera trasgressività dell'artista contemporaneo è il recupero di se stesso e di tutto ciò si è fatto scempio, poetica compresa.

Va da sé che, forse oggi, gli artisti più credibili in toto rimangono i bambini con queste caratteristiche
e gli artisti 'out'.

I primi con un vissuto troppo corto per essere definiti tali in maniera completa e gli altri, emarginati in quanto veramente 'liberi' e quindi non commerciabili e strumentalizzabili, se mai schiavi solo delle loro ossessioni, ma sicuramente non, rispetto alla loro libertà espressiva

Io credo non ci siano confini nell'arte : purché sia arte .

Ognuno usa il veicolo espressivo che più gli è congeniale. Considerando che questo ioArte è interessante proprio per i quesiti che pone per i confronti che dovrebbero arricchire proprio per le diversità di pensiero e non certo per polemica sterile (sempre meglio chiarire nel virtuale:). Credo che, chi usa la materia proprio come "piacere" della materia nella sua fisicità e il "colore" come impasto proprio per ottenere determinate vibrazioni cromatiche, difficilmente userà mai un pantone digitale se la sua ricerca ed esigenza si esprime con quelle caratteristiche ...

Uno può darsi al digitale per altri aspetti altrettanto intriganti, ma sicuramente diversi. Come non credo che sia un 'espressione nuova né la pittura né il digitale anche perché quest'ultimo si usura più velocemente nei programmi che vengono sostituiti con la velocità della luce.

Per quanto riguarda le diverse culture ben vengano, ma ho il sospetto che una cultura che si sviluppa da noi o in Spagna, in America in Bielorussia, Russia o nella profonda Africa , per quanto si facciano contaminare ,non dobbiamo dimenticare che ognuna di loro ha radici profondamente diverse che non si possono sostituire o dimenticare.

 

Dovrebbe essere anche significativo , quanto ci portiamo dentro radici, gusti e quant'altro che ci influenzano nella scelta delle preferenze.
Di solito i lavori preferiti sono quelli che corrispondono ai nostri canoni estetici e di gusto personale, cosa che in arte non dovrebbe mai succedere.

In maniera istintiva può piacere di più un lavoro simile ai nostri gusti personali, ma l'arte potrebbe anche trovarsi in opere che come gusto non rientrano nelle nostre preferenze, ma sicuramente in canoni artistici. Ho la sensazione che questo sia uno sbaglio che facciamo un po' tutti....sia ' perché viene naturale e perché, a volte .dimostra anche quanto siamo presi da noi stessi, senza riuscire ad entrare umilmente nei lavori di altri.
Con tutto il pieno rispetto, per chi fà figurativo "classico"..secondo il mio modesto parere,il massimo per esprimere "il senso della vita, lo stato delle cose, il divenire dell'uomo, oggi", è l'informale, il materico, il figurativo "essenziale" ....usando la materia....tutta la materia,lo scarto, si può rappresentare, ...cosa meglio di un vecchio cartone ingiallito dal tempo, gettato per strada, indifferente a chiunque, può rappresentare la situazione di molti esseri umani del nostro pianeta..non importa se nell'opera non esiste una smorfia sul volto o le mani che sorreggono uno sguardo vuoto....basta vedere quei "rifiuti" per strada...per capire dove è arrivato l'uomo...in un mondo in cui tutto si può abbandonare, distuggere....tanto si "rifà"...no!, si stanno spengendo i valori, i sentimenti, che valgono più dell'oro, giallo o nero che sia....scusate se mi esprimo in questo modo, forse sembrerò arrogante, ma chi mi conosce dal vero...sa che non lo sono...sono solo sanguigno...sincero..."ignorante" artisticamente parlando...ma UOMO!! inteso naturalmente come essere umano...ciao a tutti


 


postato da Sergio Davanzo - martedì 13 ottobre 2009 alle ore 11:20

Un quadro nasce da tutti quelli che hai dipinto in precedenza, da tutto quello che hai imparato dipingendo; ma soprattutto nasce dal desiderio di mettersi in viaggio, di trovare quello che sempre ti è sfuggito... Se penso a un quadro, Itaca non è l'isola: è il viaggio, è la sua sistemazione concettuale dentro un evento artistico.

Alberto Sughi


postato da Sergio Davanzo - venerdì 16 ottobre 2009 alle ore 19:05

Ciao Sergio grazie per quello che hai detto sui miei lavori --- i tuoi sono di un concettuale molto raffinato

giulia di filippi


postato da Giulia Di Filippi - domenica 18 ottobre 2009 alle ore 16:00

mi piace moltissimo...così essenziale.


postato da Cesare - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 00:13

non è solamente essenziale ma soprattutto concettuale. L'uso del dripping "guidato" è una novità per me.


postato da Cesare - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 00:15

Gli amori di madama poesia

Catturo languidi bagliori
da sfere di cristallo:
una fredda musica di lame
poi
solo silenzio stellare,
una foglia pallida
a fine stagione
è
vecchia speranza.
Ossidi plumbei
o
palpiti azzurri
per un vagabondo nel suo stesso corpo?
Madama non ama i poeti:
generali della notte
dai gomiti lisi
con gli occhi arrossati
ma
tra rumorosi motorini
tra tavolini di caffè
sorride
ad esili arcobaleni:
sfumate illusioni
di nuovi adolescenti

 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 09:36

Frammento

dalla poesia ai frantumi di Auschwitz
la vita scandisce
stille di sale
che il frusciare di ciabatte disperdono.

Nel pantano, il castello
le mura merlate
armieri e vassalli
poi
ritroverò
un carro di paglia
una donna che grida
i miei calli
la barba di ieri

e solo allora
m'incatenerò
con chi avrà
la mia libertà

 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 09:38

Chiudiamo la luce

Chiudiamo la luce vuoi?
Non vedremo
le mura, scarne, opache,
la sedia difficile,
il bicchiere d'acqua per dopo,
il letto che conosci,
resteremo noi
e tutto quello che è in noi.
Ma con la luce
il bicchiere, il letto, la sedia
le mura ritornano
e forse non ti amo più.
No, non sono i tuoi capelli spettinati,
il trucco rovinato
e le unghie mangiate
che mi gelano.
No,
è quello che non ho
e vorrei darti.
Il nostro è amore del buio,
dove ogni cosa è contenuta,
la forma è niente,
il calore è colore

 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 09:38

La bolla d'aria

Tronchi rinsecchiti,
rami contorti strappano brandelli dal mio corpo senza peso,
sbattendo immagini di vento
sulle palpebre succhiate.
Il rumore delle ossa divorate dal fuoco vecchio di tempo,
canta storie di naufraghi.
L'albatro non legge più il disegno della chiglia.
Suoni di risacca avvicinano la scogliera,
più vicino,
più forte...,
eccolo!...il fondo.
Alghe,

 

rocce che alzano veli aprono grotte,
ghignando avanza la verità tendendo i polsi...
allungo le dita...
le une artigliano solo le altre,
agguantano se stesse.
Spasimi immensi per poi dissolversi in arabeschi purulenti.
Ocra e murici veleni offendono trasparenze
a lungo violate.
- non mi bagno più: l'acqua è morta! -
ho sciolto in mare fusioni di nebbia.
Vuoti grattacieli di sale,
granchi,
balletti di alghe,
sabbiose ribalte per carcasse di civiltà.
Anche i miei occhi fondono,
fili di memoria sono giochi d'aragoste.


 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 09:40

"Il nostro è amore del buio,
dove ogni cosa è contenuta,
la forma è niente,
il calore è colore"

!!!!!!!!!!!


postato da Vince - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 10:54

"...una foglia pallida
a fine stagione
è
vecchia speranza."

Molto , ma molto bello!


postato da Vince - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 10:55

Il futuro è roseo, il presente...un po' meno...  sul futuro non lo so e spero...ma sul presente...cavolo!!!!
 


postato da Mah...! - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 15:07

grazie Sergio. Già Leonardo diceva che i muri insegnano..ed io li guardo molto!Non avevo visto subito che era un uomo in bici...mi ha colpito anche senza distinguerlo. Un quadro è un viaggio anche per me....tanto che si debba chiamare quadro, o scultura o disegno  ha poca importanza, è un'esperienza.


postato da Valentina Majer - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 15:35

"Ho visto degli orrori, orrori che ha visto anche lei, ma non avete il diritto di chiamarmi assassino, avete il diritto di uccidermi, questo sì, avete il diritto di farlo ma non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario, a coloro che non sanno cosa significhi l'orrore. L'orrore. L'orrore ha un volto e bisogna essere amici dell'orrore, l'orrore e il terrore morale ci sono amici in caso contrario, allora diventano nemici da temere. Sono i veri nemici. Ricordo quando ero nelle forze speciali, sembra siano passati mille secoli. Siamo andati in un accampamento per vaccinare dei bambini; andati via dal campo, dopo averli vaccinati tutti contro la polio, un vecchio in lacrime ci raggiunge correndo, non riusciva a parlare. Allora tornammo al campo, quegli uomini erano tornati e avevano mutilato a tutti quei bambini il braccio vaccinato. Stavano lì ammucchiate un mucchio di piccole braccia, e mi ricordo, che io ho, io ho pianto come, come una povera nonna, avrei voluto cavarmi tutti i denti, non sapevo nemmeno io cosa volevo fare. Ma voglio ricordarmelo non voglio dimenticarlo mai, non voglio dimenticarlo mai. E a un certo punto ho capito, come se mi avessero sparato, mi avessero sparato un diamante, un diamante mi si fosse conficcato nella fronte e mi sono detto: Dio che genio c'è in quell'atto, che genio. La volontà di compiere quel gesto, perfetto, genuino, completo, cristallino, puro. Allora ho realizzato, che loro erano più forti di noi, perché loro riuscivano a sopportarlo, non erano mostri, erano uomini. Squadre addestrate. Questi uomini avevano un cuore, avevano famiglia, avevano bambini, erano colmi d'amore, ma avevano avuto la forza. la forza...di farlo. Se avessi avuto dieci divisioni di uomini così, i nostri problemi sarebbero finiti da tempo. C'è bisogno di uomini con un senso morale e allo stesso tempo capaci di utilizzare il loro primordiale istinto di uccidere, senza sentimenti, senza passione, senza giudizio, senza giudizio, perché è il giudizio che ci indebolisce."

Monologo di Kurtz,
Apocalypse Now, Francis Ford Coppola, 1979
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 19 ottobre 2009 alle ore 16:28

La Cina sta rincorrendo il modello occidentale senza porsi domande, senza salvaguardare nè l' ambiente né la propria cultura. Tutto ciò che è tradizione viene soppiantato dal nuovo, in quanto in antitesi col mito occidentale cui i cinesi aspirano incondizionatamente.
Non esistono più i favolosi tetti in legno e tegole smaltate né i cortili quadrati di Pechino; tutto viene sostituito senza chiedere il permesso ai residenti, da grattaceli di cemento armato. Costruiti da operai da 80 euro al mese, sospesi a 100 metri di altezza su impalcature di canne di bambu senza nessuna sicurezza.
Sfilate di moda occidentale sono proiettate con orario no stop sui monitor delle metropolitane di Guangzhou (Canton). Molti cinesi lavorano 14 ore al giorno per poter comperare una maglia firmata che, nella migliore delle ipotesi, è stata prodotta da qualche collega in una fabbrica del vicinato, commissionata dal marchio originale per la grande distribuzione.
E’ una corsa senza controllo. Mercedes da grande cilindrata sfrecciano su una rete autostradale costruita nel giro di dieci anni dove anche biciclette e trattori viaggiano inconsapevolmente contromano, insieme a vecchie donne con ombrelli di carta di riso e bambini legati sulla schiena, ignari che quella sia una strada solo per automobili.
Viaggiando in auto sembra di vivere un videogioco, solo che qui il game over è reale. I cinesi sono passati di colpo dalla bicicletta all’automobile e questo ha comportato un incremento vertiginoso degli incidenti stradali. Per le strade ho visto manovre allarmanti che immaginavo possibili solo al cinema.


 


postato da Sergio Davanzo - martedì 20 ottobre 2009 alle ore 10:28

Nella consapevolezza che la bicicletta non rappresenti la soluzione al problema della mobilità ma che costituisca comunque un importante anello di una lunga catena di accorgimenti da adottare, si vuole ribadirne l’importanza anche simbolica come mezzo di trasporto che ciascuno di noi, autonomamente, può guidare, costruire, riparare e mantenere, considerandone anche la relativa semplicità costruttiva che la caratterizza. Inoltre, attività del genere possono costituire un formidabile punto di partenza di un percorso di riflessione sul consumo irresponsabile, sulla mobilità prigioniera delle logiche di potere, sull’inquinamento, sul recupero e il riciclo dei materiali, e sull’impoverimento e lo sfruttamento indiscriminato del pianeta. La bicicletta, quindi, può essere considerata senza dubbio un mezzo e un simbolo privilegiato d’impegno sociale quotidiano che ognuno di noi può praticare.

 

 


postato da Sergio Davanzo - martedì 20 ottobre 2009 alle ore 10:33

Questa bicicletta felice è molto bella, non mi stanco di osservarla, inoltre mi ha fornito spunti per la mia pittura. Grazie!


postato da Liza - mercoledì 21 ottobre 2009 alle ore 15:45

Il bello della bicicletta è...un libro
"...la bicicletta diventa così simbolo di un futuro ecologico per la città di domani e di un'utopia urbana in grado di riconciliare la società con se stessa".

La frase non è mia (peccato!), anche se esprime completamente il mio pensiero, ma dell'autore di uno dei libri più interessanti che abbia letto questa estate: "Il bello della bicletta", di Marc Augé, un antropologo-etnologo francese.


Augé, per parlare della bicicletta, parte dai ricordi: i suoi personali, ma anche quelli di un'intera generazione. Parla della bicicletta come mito e come storia, come utopia e come speranza, ma anche come realtà in grado di cambiarci la qualità della vita.

In questo libro ho finalmente trovato la descrizione di una sensazione che provo da sempre e che non ero mai riuscito a portare fuori di me: "Il sogno del ciclista è quello di identificarsi, sulla terra, con il pesce nell'acqua o con l'uccello nel cielo, anche se deve comunque confrontarsi con i limiti dello spazio. Il merito del ciclismo, contrariamente a questa illusione fin troppo seducente, è infatti proprio quello di imporci una percezione più acuta dello spazio e del tempo. ... la tentazione alla passività, che molti individui subiscono nella relazione con i vari mezzi di comunicazione, svanisce non appena si mettono in sella; diventano responsabili di loro stessi e ne sono subito consapevoli."


postato da Sergio Davanzo - giovedì 22 ottobre 2009 alle ore 12:09

Finché è un ecologista a ripeterti sempre la solita solfa, magari è anche normale che un po’ ti infastidisci. “Prendere la bicicletta è il futuro del pianeta, solo così si può salvare il mondo dall’inquinamento!”. Sì, d’accordo, tutti capaci a parlare. Soprattutto se a farlo è uno studente nulla facente, senza impegni e soldi da portare a casa. Ma la cosa cambia se a fare un elogio della bicicletta è uno degli antropologi più famosi del pianeta, Marc Augé. E’ di qualche settimana fa l’uscita del libricino, Il bello della bicicletta edito da Bollati Boringhieri. Un libro leggero ed economico (meno di 70 pagine per meno di 10 euro), proprio come lo spirito di questo mezzo fantastico nato nell’800. E non c’è da stupirsi che sia proprio Marc Augé, l’inventore del termine non-luogo (per definire i luoghi della modernità come gli aeroporti, le stazioni, ecc..) a parlare della bicicletta come uno dei pochi mezzi al giorno d’oggi, capaci di ridare vita alle nostre città depresse dallo smog e stressate da traffico, dal prezzo della benzina e dalla assicurazione.

 


postato da Sergio Davanzo - giovedì 22 ottobre 2009 alle ore 12:10

ogni volta si rinnovano e si ricomfermano i miei COMPLIMENTONI......

 


postato da Casula Stefania - lunedì 09 novembre 2009 alle ore 20:19

Finalmente ti vedo come sei veramente!!!!!!!

Tu lo sai che non vedere una persona , come è suscita curiosita', e

la faantasia va!!!!!!!!! Sai ti vedevo qyasi cosi'

Ciao Samirè


postato da Samire' - venerdì 20 novembre 2009 alle ore 17:02

Quest'opera nella sua semplicità mi piace molto!


postato da 8 - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 18:48

His name is Sergio Davanzo. Strong in expressing his thoughts but tender in cuddling his dreams, he shows you unsuspected and unexpected aspects of his inner self. Sometimes he reveals them slowly, step by step; sometimes he shows them off abruptly, with a touch of challenging scoff. He paints. He paints because of an unsolved mixture of reasons. He paints because he needs to. Because he wants to. He paints to play. He paints because he has to paint.

Several of his works are the product of a deep need to communicate. The need to go beyond the limits of human words, beyond time and space, beyond conventional shapes with the aim of creating new and better ones, more intensely beautiful, giving thus voice to his inner and more complex thoughts.

Other works issue from Davanzo’s mere, instinctive wish to let himself go to the poetical evocation of images and feelings he has seen and lived. This inevitably pursues the connivance of his spectators, who can see and perceive his same sensations, deeply feel them and, by feeling, revive them. The result is an amazing range of ways and synaesthetical contaminations, both of colour and matter.

In Davanzo’s modus operandi often a single idea develops into a theme. It expands itself, defining autonomously its own leit motives. They are varied and widened, offered in their most flattering nuances. The original idea then swells to its utmost and, finally exhausted, it blows up. It is a definite resolution. Therefore Davanzo’s works, which follow a common vein until it is exhausted, can mainly be contextualized in groups. But, once he has finished with a vein of inspiration, sometimes the painter has already found in its ashes the beginning of several new ones. Sometimes he would rather wait before letting them catch his instinct and his paint-brush.

This is the process of painting for Sergio Davanzo. His subjects are various and different. He wants to tell as much as possible. The faces, the voices of past and present time, the places which have seen him growing both as a man and as an artist. His dog. His family. Those who have gone. Those who still have to come. A wrinkle on a forehead. The hissing of a lathe in a work shop. A minimal kaleidoscope of images, epiphanic moments which he fixes on his canvas. And which, if necessary, he moves, as he usually says “to the space”.

Certainly the imaginative titles he gives to his paintings are part of his seriocomic way of living and conceiving one’s necessities. They are delicious, often sharply ironic, and at first they astonish you, to let you eventually deal with a wake of reflection, whetting you as the back-taste of rum in a just baked cake, the recipe for which has been written and performed by Sergio Davanzo just for you.

Prof dott Maria Sole Politti
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:37

"Le tele di Davanzo vibrano, si impongono con lo stridore delle pennellate, con le barricate cromatiche da cui fuoriescono filamenti elettrici che guizzano e avvolgono, creando una fitta e mutevole rete di energia. Nelle sue opere istinto e ragione rinunciano all'eterna lotta, per dar vita ad un dialogo serrato: il colore si tende nella spontaneità del gesto, si difende entro grumi di materia, si assottiglia ed incede leggero frammentandosi secondo ritmi musicali. Viene impastoiato, fatto fluire e nuovamente convogliato, cristallizzato e gocciolato, alleggerito e spinto oltre i confini del supporto per cercare nuove espressioni comunicative."

Prof. Lorella Coloni
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:46

" Las lonas de Davanzo envían vibraciones. Ellos se imponen con el chillar del golpes de pincel, con las barricadas cromáticas de lo cual evitan filamentos eléctricos que tiemblan y ellos enrollan la creación de un dolor agudo y la red mutable de energía. En su instinto de trabajos y razón abdican la lucha eterna para dar la vida a un diálogo cerrado: el color se extiende en la espontaneidad del gesto, esto se defiende en los grupos de material, esto cultiva incede delgado(fino) y ligero(de luz) la fragmentación sí mismo según ritmos musicales. Es encadenado, hecho para fluir y otra vez llevado, cristalizado y goteó, aliviado e inclinó sobre los confinamientos del apoyo a buscar nuevas expresiones comunicativas. "

Prof Lorella Coloni
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 19:53

C’è una prometeica forza nelle opere di Sergio Davanzo che riconduce, con la certezza del segno e lo schiaffo del colore, ad un confronto con la realtà che non conosce compromessi o debolezze.
L’artista non abbassa lo sguardo e davanti all’esistenza egli si assume il diritto di dichiarare la verità. Lo fa attraverso un linguaggio visivo essenziale, sintetico, corrosivo, violento, titanico, provocatore. Usa la titolazione dei suoi quadri come dei tazebao: sono verdetti che illuminano, parole che possono essere incipit quanto sentenza lapidaria su un argomento che la tela sintetizza in linee di immediata intuizione, con un uso dirompente dell’elemento cromatico, con tinte che acquistano voce. Davanzo riesce a far riecheggiare nel movimento dei suoi quadri le vibranti intensità del paradosso creativo, in bilico tra ragione e gesto puro ed istintivo, folgorazioni che sono rivelazioni e universalità
 

Prof Fabio Favretto
 


postato da Sergio Davanzo - lunedì 23 novembre 2009 alle ore 23:59

Bello!


postato da 8 - mercoledì 25 novembre 2009 alle ore 12:23

 Bel gesto espressivo.

Gigante


postato da Gigante - sabato 19 dicembre 2009 alle ore 16:08

Impossibile non aprezzare qest'arte a mio modesto parere sublime , non lo dico per banalizzare ma perchè ci credo profondamente . PS la ringrazio per i consigli datimi in passato che mi hanno portato ad approfondire ancora di più il mio credere in quello che stò creando ,la saluto con rispetto MAURI.


postato da Mauri - mercoledì 05 maggio 2010 alle ore 16:07

Forse sul futuro sei stato ottimista!


postato da Pony - giovedì 02 dicembre 2010 alle ore 15:08

Colpisce molto il movimento di questo lavoro.


postato da July - lunedì 01 agosto 2011 alle ore 14:30

Bella pittura gestuale.


postato da Pam - lunedì 22 agosto 2011 alle ore 12:34

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